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Anno edizione: 2008
Anno edizione: 2012
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Un’ambientazione insolita per questo romanzo di Irène Némirovsky, lontana dalle luci parigine e dal sole della Costa Azzurra. Ne Il calore del sangue (Adelphi Editore) siamo sempre in Francia, ma nel cuore della provincia, la stessa che ritroveremo in Suite Francese. Qui troviamo i colori teneri e aspri della campagna, lo splendore dei tramonti, il gelo degli inverni, le ampie foreste. Qui, la borghesia ha lasciato da poco la miseria contadina e non conosce i lussi cittadini. Qui, regna la diffidenza. Qui si accumulano grano e denari. Qui, osserviamo la vita con gli occhi lucidi e freddi di Sylvestre, tornato al paese natìo dopo una vita dedicata a viaggiare, a gustare la varietà del mondo. Qui, ha trovato solitudine e povertà, che tuttavia non lo rendono infelice. La vita l’ha respinto ai margini di una vecchiaia selvaggia e solitaria, ma serena, e priva di rimpianti. Il calore del sangue è lontano. La provincia è silenziosa. Qui non si parla volentieri e non ci si confida nemmeno con i familiari, al massimo si mormora. Qui nessuno vuole essere coinvolto nei fatti altrui. A poco a poco, la narrazione ci trascina sotto la superficie della complicità senza parole, del non detto condiviso che avvolge i segreti. Non mancano, tuttavia, le punizioni: si tace ma si osserva, per poi agire di conseguenza, isolando il colpevole, talvolta assimilando i suoi beni. Non si tratta di giustizia, ma di autodifesa, di tutela. Tutto deve rimanere inalterato, la logica dell’accumulo identifica nella dispersione e nell'intrusione l’estremo pericolo. Irène Némirovsky dimostra di conoscere a fondo difetti e crudeltà di questa piccola borghesia contadina, che, a pensarci bene, sembrano sintetizzarsi nell'avarizia. Non è forse la tendenza ad accumulare che induce a immergersi nella materialità come in un fango rassicurante? Non è forse l’attaccamento al denaro che induce a usare la moneta come unità di misura per l’universo intero, umanità e affetti compresi? Il calore del sangue è il calore della giovinezza, è quella follia, quella fame d’amore e d’avventura che rischia di marchiare per sempre la vita. Il calore del sangue è pericoloso, ma in pochi anni si spegne lasciando spazio alla dolce quiete dell’età matura. Dopo, arrivano le angosce rinnovate della vecchiaia, l’anticamera della morte. Sylvestre assapora la quiete della sua vecchiaia, ma apprezza ancora il fuoco dei giovani, subisce ancora il fascino della fiamma che si riflette negli occhi, dona vivacità ai gesti, ravviva la bellezza e scalda la pelle.
Fino ad adesso ero convinto che nessuno, meglio di Georges Simenon, fosse capace di descrivere il ristretto mondo della provincia francese, un’entità socio-economica legata strettamente alla terra, in cui tutto sembra, ed è, immobile, pur seguendo il ritmo delle stagioni. Gente ottusa, questi agricoltori, rinchiusi in comunità dove ognuno sa tutto degli altri, anche dei segreti che spesso sono tipici di questi esseri, ma che li difende strenuamente onde non superino l’ideale limite invalicabile che si sono costruiti. É stata una sorpresa, pertanto, apprendere che anche Irène Némirovsky abbia analizzato queste piccole realtà, riuscendo a descriverle in modo completo e più che comprensibile. Il romanzo da lei utilizzato per questo scopo è Il calore del sangue, un’opera relativamente breve (in tutto 142 pagine), ma estremamente avvincente. Ogni personaggio cela passioni, emozioni, desideri inconfessabili e perciò repressi, così che se in apparenza tutto scorre tranquillo, sotto sotto ci sono fremiti d’amore, odi implacabili, amori adulterini. Nello scorrere delle pagine poco a poco emergono questi vizi privati, in netto contrasto con l’apparenza delle pubbliche virtù; e nessuno ne è immune, anche quelli a cui va la nostra simpatia, soggiogati da comportamenti che sembrano frutto di animi puri e perfino casti. La penna della Némirovsky è impietosa, con donne e uomini che non sanno resistere al calore del sangue e si lasciano travolgere dalle passioni, al punto di arrivare anche al delitto, di cui tutti sanno, ma nessuno parlerà mai alla polizia, perché il mondo là è così e anche un reato deve rimanere la faccenda privata di una comunità. Ma come è riuscita irène, che non era francese, a penetrare così profondamente in un tessuto sociale? Va detto che il romanzo è stato da lei scritto con ogni probabilità nell’estate del 1941 e, guarda caso, è ambientato nello stesso paese (Issy-l'Évêque) dove con la famiglia aveva cercato riparo dalle persecuzioni negli ultimi giorni di maggio del 1940 e in cui sarà arrestata per essere poi avviata ai campi di sterminio. Un’altra particolarità dell’opera è che la voce narrante è quella di Silvio, un proprietario terriero che ha alienato gran parte del suo patrimonio e che vive un’esistenza quasi solitaria, ma che gli consente di osservare meglio gli altri. Anche lui ha provato in gioventù il calore del sangue, ma ormai si è incamminato lungo il viale del tramonto; pur tuttavia, nel ricordo del passato, che si intreccia con il presente, avvertirà anche lui un ultimo calore del sangue, rafforzandosi un desiderio che pareva ormai sepolto sotto la cenere. Ma non è una fiamma, è una brace che lenta, come lui, si spegne. Dire che il romanzo è bello è riduttivo, perché a mio parere è veramente stupendo.
Un libro molto bello che si apre con una vicenda apparentemente molto banale: due fidanzati provenienti da famiglie borghesi e benestanti si amano e si sposano con il benestare delle famiglie. Già dalle prime pagine però la scrittrice, attraverso gli occhi del cugino Silvio che racconta la vicenda, ci fa capire che dietro l'apparente tranquilla e noiosa vita di provincia il sangue scorre nelle vene e le passioni possono esplodere con violenza e senza pietà per chi le intralcia. I personaggi sono molto ben caratterizzati e lo stile asciutto riesce a esprimere perfettamente la passione e la violenza delal storia. "Strana follia! L'amore a vent'anni somiglia a una crisi di febbre, a un attacco di delirio. Quando è finito, si fa fatica a ricordare.... Il calore del sangue è destinato a spegnersi presto." "Un gruppo di persone in età matura emana un senso di imperturbabilità: i loro organismi danno l'impressione di avere digerito tutte le portate pesanti, amare o piccanti della vita, eliminato tutti i veleni, e per 10 o 15 anni si trovano in uno stato di equilibrio perfetto, di invidiabile salute morale. Sono soddisfatti di sè. Il faticoso e vano lavorio con cui la giovinezza tenta di adattare il mondo ai propri desideri l'hanno già compiuto. Hanno fallito e ora si riposano. Dopo qualche anno tornerà a invaderli una sorda inquietudine, e stavolta sarà quella della morte: essa altererà i loro gusti in modo imprevedibile, li renderà indifferenti, stravaganti o bistetici, impenetrabili per le loro famiglie, estranei ai loro figli. Ma tra i 40 e i 60 anni queste persone godono di una effimera pace." "Non so se gli esseri umani siano in grado di foggiare la propria vita, ma di certo ciò che un uomo ha vissuto finisce col trasformarlo: una vita calma dà al viso un'aria amabile e composta, un dolce calore che forma una sorta di patina, simile a quella di un ritratto." "... non possiamo vivere al posto dei nostri figli (anche se a volte ci accade di desiderarlo). Ciascuno deve vivere e soffrire per conto proprio. Il più grande favore che possiamo fare loro è tenerli all'oscuro della nostra esperienza."
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