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Anno edizione: 2016
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Vien da dire che Vigata non ci sarebbe se non ci fosse Camilleri e infatti questa località siciliana è frutto di esclusiva fantasia, per quanto lo stesso narratore abbia voluto identificarla con Porto Empedocle. Certo, l’escamotage così architettato è stato un artificio che gli ha consentito di tessere una fitta trama di vicende, tutte di fantasia, partendo da un modesto, ma concreto piano di verità. A parte gli episodi del commissario Montalbano che si svolgono appunto a Vigata, è tutto un fiorire di racconti lì domiciliati. Al riguardo, mi viene in mente Gran Circo Taddei e altre storie di Vigata, ma anche Il birraio di Preston che è a mio avviso un autentico e irripetibile capolavoro. Ora, la creatività, ma anche la verve comica di Camilleri possono – e lo fanno – stupire per la genialità di alcune trovate, per una serie cospicua di trame mai uguali. Anche in questi otto racconti ci si lascia volentieri trascinare in una Sicilia sì immaginata, ma che compendia perfettamente tutte le caratteristiche di una qualsiasi realtà abitativa dell’isola. Le avventure possono essere le più disparate e per divertire e interessare non devono essere necessariamente boccacesche, ma devono presentare un paradosso, un qualcosa spinto al limite in base al quale qualsiasi fatto di normale amministrazione deve diventare un evento unico e addirittura irripetibile. Questi racconti si leggono con piacere e, anche se non ci troviamo di fronte a un capolavoro, non possiamo che constatare l’apprezzabile svolgimento dei temi, pur confezionati in quel particolare siculo-italiano, che non è né l’una né l’altra lingua, ma solo il marchio di fabbrica di un sempreverde Camilleri.
Otto racconti che divertono attraverso intrecci e colpi di scena a volte impensabili, ma a volte, bisogna ammettere un po’ prevedibili. Chi infatti conosce il ciclo delle storie di Vigàta sin da “Gran Circo Taddei” sa dove l’estro di Camilleri è capace di arrivare, e a leggere questi racconti ha il sospetto che non tutti riescano a eguagliare il livello che ci si aspetta e a cui il Maestro ha avvezzo. E inoltre, per quanto chi ha adorato le precedenti raccolte ha apprezzato, e non può rinunciarvi, l’ambientazione fascista e le dinamiche popolari che rendono peculiare e unico questo ciclo, arrivati al quarto volume, queste fanno temere a volte il rischio della ridondanza. Ma per quanto questa raccolta possa essere forse un passo indietro rispetto alle precedenti, resta una lettura piacevole, leggera e divertente.
Squadra che vince non si cambia... Con tutti i pro e i contro che questo comporta! Quel che di positivo e memorabile il buon Camilleri ha apportato alla nostra letteratura è ormai arcinoto: la vivacità d'ingegno, la creatività felliniana, lo sguardo disincantato e ironico che, anche quando si esprime attraverso metafore tutto sommato rassicuranti, riesce tuttavia a farci riflettere sui lati oscuri dell'animo umano e della società... e soprattutto il linguaggio, lingua artistica proprio perché in parte inventata, omologo agrigentino del "padano medioevale" di Fo. D'altro canto, si nota una certa ripetitività dei temi e delle atmosfere, che rendono questo prodotto editoriale fino troppo simile (negli ingredienti e nel retrogusto) ad altre uscite recenti, es. Le Vichinghe Volanti. Devo però riconoscere a Sellerio il merito, grazie a uscite di sicuro ritorno di vendite come questa, di investire su altri titoli della stessa collana che di copie ne venderanno molte meno (v. ad es, la pubblicazione dell'opera omnia, o quasi ormai, del grande quanto semisconosciuto Sergej Dovlatov).
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