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Buono l'inizio, poi si va avanti fra alti e bassi ma nel finale l'autore conclude tutto in pochissime pagine. C'erano tutte le premesse per mostrare il lato oscuro dei cosidetti "social" (che di sociale non hanno nulla a dire la verità). Purtroppo poi l'autore si perde in una serie di dettagli e si lascia sfuggire l'occasione di mostrare il vero pericolo dei colossi web che potrebbero portarci alla peggiore dittatura mai vista finora.
Nella mia immaginazione Il Cerchio è una comunità al di sotto di una enorme cupola. Scintillante, trasparente e quasi irreale per quanto bella. Il peccato è che più leggi, più pensi: va bene, sono una persona sensata. E proprio per questo è una cosa spaventosa. Tutto al cerchio è libero, facoltativo. La frase che mi ha colpito maggiormente e che continua a vorticarmi per la testa è composta da sole tre parole: ci si aspetta. Nessuno ti obbliga a risiedere nella struttura, ma appena esci anche per un solo giorno, magari per andare a trovare i tuoi cari, devi prepararti ad un predicozzo con i controfiocchi. Perché ci si aspetta che tu partecipi alle mille attività del Cerchio. Ci si aspetta che tu dica ogni volta che puoi la tua opinione. Ci si aspetta che tu posti anche quante volte vai in bagno, e quanti strappi di carta igienica usi. Per carità, mi è piaciuto come libro, ma da persona razionale penso che invece che utilizzare la frase "conoscere è un bene, ma sapere è meglio", dovremmo basarci su una che compare verso le ultime pagine del libro "Dobbiamo avere, tutti, il diritto di scomparire". E il finale, mi ha lasciata con l'amaro in bocca. Non posso non pensare che servirebbe un continuo, dove Mae "rinsavisce".
Un mondo costantemente connesso, dove la privacy rischia di scomparire per sempre (considerata alla stregua di un reato) e la vita non è tale se non hai "followers", se non "tagghi" e non "posti". E' questo il tema de IL CERCHIO, un bel mix tra le inquietanti immagini di film come The Social Network, Gattaca e The Truman Show, senza dimenticare l'influenza dell'immortale romanzo di George Orwell, 1984. Davvero consigliato. Buona l'edizione italiana, nonostante qualche macchinosità nella traduzione, che rimane comunque di buon livello, considerata una certa complessità dell'opera.
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