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«Ricordo pochi altri personaggi come Holly Golightly... Tragedia trasformata in commedia dal lieve tocco di Truman Capote.» – Paolo Cognetti
Quando "Colazione da Tiffany" venne pubblicato per la prima volta, nel 1958, il «Time» definì la sua eroina Holly Golightly: «la gattina più eccitante che la macchina per scrivere di Truman Capote abbia mai creato. È un incrocio tra una Lolita un po' cresciuta e una giovanissima Zia Mame... sola, ingenua e un po' impaurita». Di tutti i suoi personaggi, disse Capote più tardi, lei era la sua preferita, ed è facile capire perché. Holly è una cover-girl di New York, attrice cinematografica mancata, generosa di sé con tutti, consolatrice di carcerati, eterna bambina chiassosa e scanzonata. È un personaggio incantevole, dotato di una sorprendente grazia poetica. Intorno a lei ruotano tipi bizzarri come Sally Tomato, paterno gangster ospite del penitenziario di Sing Sing; O.J. Berman, il potente agente delle star di Hollywood; il «vecchio ragazzo» Rusty Trawler; Joe Bell, proprietario di bar e timido innamorato...Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
“Non mi era mai venuto in mente, allora, di scrivere qualcosa su Holly Golightly, e probabilmente non ci avrei mai pensato adesso, se non fosse per quella chiacchierata con Joe Bell: è stata quella a risvegliare tutti i ricordi che avevo di lei” E’ così che l’aspirante scrittore Paul inizia a raccontare di un’affascinante ragazza dal “viso di un’adolescente che aveva superato la fanciullezza, ma non era ancora diventata una donna” di diciannove anni. Vicina di casa tra un’invadenza che si rivela sempre più coinvolgente e un’eccentricità caratterizzata da una vena viziosa, Holly – interpretata magistralmente da Audrey Hepburn nell’omonimo film degli anni ’60 – rappresenta un personaggio a tutto tondo che si è guadagnato uno spazio “eterno” nella letteratura letteraria e filmica internazionale. La penna di Truman Capote è sapiente e penetrante nel suo ideare e tratteggiare la personalità di una Holly che, dietro il suo “divertirsi” bizzarro con uomini facoltosi, è alla continua ossimorica ricerca/allontanamento da se stessa, dalla sua vera natura. Se a un primo sguardo il personaggio appare come una ragazzina sempre allegra e frivola, nel profondo si nota un costante senso di tristezza, turbamento, e un lampante bisogno di stabilità, affetto e libertà (che Holly finisce per nascondere perfino a se stessa). “E’ stato questo l’errore di Doc – lascia trapelare Holly, raccontando del suo vecchio marito – Portava sempre a casa animali selvatici. Un falco con un’ala ferita. Ma non puoi dare il tuo cuore a una creatura selvatica: più lo fai, più forti diventano. Fino a quando sono diventate tanto forti da scappare nei boschi”. Ed è proprio “selvatica” l’attributo più adatto per descrivere la misteriosa Holly, ragazza che, nonostante non si faccia scrupolo di raccontare sprazzi della sua vita passata, diventa evanescente quando le si porgono domande puntuali sul suo conto: “Se nella vita reale riuscissi a trovare un posto che mi fa sentire come da Tiffany [un negozio di gioielli], comprerei un po’ di mobili e darei un nome al gatto” finisce per rispondere a ogni indiscrezione. A rendere così riuscito questo personaggio si può dire sia proprio questa tendenza di opposti su cui è tessuta la personalità di Holly, inclinazione che l’ormai amico Paul tenta di correggere, finendo poi per cercare di trovare sollievo nella (apparente) felicità della protagonista, che continua a seguire il corso degli eventi come vuole la sua indole selvatica. “Mi sentivo […] un rimorchiatore nel bacino di carenaggio mentre lei, splendente transatlantico dalla sicura destinazione, lasciava il porto a sirene spiegate in una nuvola di coriandoli”, è ciò che Paul finisce per ammettere, impotente di fronte a quel turbinio di personalità femminile, di cui non riesce a fare a meno.
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