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Anno edizione: 2015
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Una storia priva di leggerezza, che non trasmette serenità, ma allo stesso tempo forte e assolutamente difficile da dimenticare. Come Dio comanda racconta la storia di Cristiano, un ragazzo di 14 anni e di suo padre Rino, alcolizzato e disoccupato che vive continuamente minacciato di vedersi togliere il figlio dall'assistente sociale. Un rapporto difficile tra un padre balordo e un figlio che sa che il padre può chiedergli tutto. Intorno a loro si muovono altri personaggi come Danilo, segnato dalla morte della figlia e dall'abbandono della moglie, oppure quattro formaggi ridotto male da un fulmine che lo ha reso un po fuori di testa. Un gruppo di persone che vivono quasi emarginati dalla società, nutrendo odio per gli altri che vivono una situazione "normale". In una notte di tempesta saranno tutti costretti a fare i conti con il loro destino che trasformerà per sempre le loro esistenze. Una storia violenta, ma allo stesso tempo di intenso amore, da non riuscire assolutamente a dimenticare.
Devo ammettere di essere una vera "Fan di Ammaniti": quindi il mio parere sarà di parte. La trama è tutt'altro che lineare: i personaggi sono semplici, quello si! Ma le vicende che vanno a legarli sono davvero intricate. Le scene descritte a volte sono di una ferocia incredibile: la violenza in particolare viene descritta con toni accesi e pesanti. Ma il libro scorre, scorre velocemente: da leggere tutto d'un fiato! La caratterizzazione di ogni singolo personaggio dalla descrizione di Ammaniti li rende "visibili", vividi: ci si può agevolmente immaginare il tutto! Se poi vi capiterà di vedere il film tratto da questo libro (che vi consiglio di vedere dopo aver letto il libro) sarà come ritrovar i personaggi in carne ed ossa. Consigliato!
Tornano certe note noir, come alle origini con Fango. La vita e la morte, il presente e il passato, la normalità e la follia, il reale ed il surreale, il pensiero ed il linguaggio, sono tutti elementi che continuano ad incastrarsi armoniosamente nei romanzi di Niccolò Ammaniti. In Come Dio comanda, i personaggi sembrano tutti accomunati da un disagio, sia esso il disagio esistenziale tipico dell’adolescente, o mentale dei tre “balordi”, come vengono definiti nella sintesi introduttiva al romanzo, che si intrecciano nel corso delle pagine. Un disagio minuziosamente descritto attraverso una penetrazione e conseguente eviscerazione dei pensieri di ogni singola figura, pensieri talvolta incomprensibili, altre volte vicini al sentire comune, quasi a voler sottolineare la sottile linea di confine tra pensieri opposti e complementari che si incontrano nelle menti. Intrecciate sono anche le due epoche di vita che si interfacciano nel romanzo, età che spesso sono protagoniste dei romanzi di Ammaniti: l’adolescenza e l’età adulta (come in "Io e Te", "Ti prendo e ti porto via"). Ancora, straordinario è l’arco temporale in cui si snoda la vicenda: molto breve, come accade, ancora una volta, in altri romanzi ("Che la festa cominci"). Ciò che colpisce è l’eccezionale capacità di trarre una storia così articolata, così ricca di dettagli, di personaggi e di storie di vita in un tempo così piccolo, a testimonianza della ricchezza di ogni singolo attimo vissuto dai personaggi. Il racconto nel presente non risparmia, peraltro, il ricorso a brevi quanto esaustivi riferimenti al passato, flashback ben contestualizzati nella trama del presente. Come il tempo, anche lo spazio è molto ristretto, molto vicino, molto reale. Gli scenari che si incontrano vanno dal soffocante luogo chiuso (i luoghi di abitazione dei personaggi, caratterizzati da una proiezione materiale esterna del disagio interiore; il furgone, prolungamento abitativo ed emotivo dei protagonisti; il camper, nascondiglio furtivo) al paradossalmente asfissiante luogo aperto (il bosco buio; la tangenziale trafficata di giorno; la piazza notturna del paese, scenario quasi apocalittico di un epilogo). Spazi reali perché circoscritti; tempi reali perché brevissimi; personaggi reali, perché vittime delle proprie debolezze; scenari reali, perché frutto della reale perversione umana. E non meno reale è, come sempre, lo stile linguistico. Uno stile nudo e crudo, diretto e senza fronzoli, eppure così denso di significati, così evocativo di scene ed emozioni, così rivelatore di pensieri reconditi. A mio parere, rispetto agli altri romanzi, viene anche meno quella vena di comicità, quello humour pur sempre presente anche in storie non propriamente felici. Come Dio comanda è evocativo di emozioni scure: lo è lo stile, come lo è il romanzo nella sua totalità. Dal ribrezzo per certi luoghi descritti, al disprezzo per alcuni comportamenti dei personaggi; dall’orrore per l’esito di certe perversioni, alla compassione per quelle perversioni, che vengono raccontate anche dal punto di vista di che le prova, come un qualcosa di inevitabile, di logorante, di straziante. Il Dio che comanda è un Dio che dà segnali talmente tra le righe, talmente inafferrabili, che vengono colti ed interpretati solo dal diretto interessato; è un Dio che intrattiene un dialogo privato e strettamente personale con ciascuno; è un’entità che, di volta in volta, assume forme, funzioni e finalità differenti per ciascuno e di momento in momento.
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