Marai versa ambrosia nei padiglioni auricolari con il suo periodare classico di ampio respiro e l'accurata cernita lessicale, senza che tutto questo rechi il benchè minimo nocumento alla leggiadria del tono e alla scorrevolezza della lettura. La squisita caratterizzazione socio-psicologica della popolazione francese, tedesca, ungherese ed inglese, condita da aneddotti di matrice autobiografica ed enfatizzazioni di sapore caricaturale, rappresenta a mio avviso la cosa migliore di questo libro, assieme alla fenomenale capacità dell'autore di conchiudere il ritratto dell'aspetto esteriore ed interiore di ogni singolo personaggio con delle chiose (a volte malevole e sarcastiche) traboccanti di ispirate aggettivazioni: in quegli istanti desideresti possedere lo stesso talento di Marai per poter rimettere al loro posto con due o tre fulminanti battute i tuoi parenti invadenti. Poco spazio viene invece riservato alla descrizione del percorso formativo di Marai, alla sua concezione del legame tra letteratura e vita, e questo sinceramente mi ha deluso. Continuo perciò a credere che da questa autobiografia siano stati espunti altri passi in aggiunta a quelli eliminati dal testo nella versione originale (reintegrati però in quella italiana)...
Confessioni di un borghese
A trentaquattro anni, quando tanti muovono i primi passi nella vita letteraria, Márai pubblicò un libro di memorie di allarmante, definitiva maturità: "Confessioni di un borghese". E lo fece in un momento (la metà degli anni Trenta) in cui, anche se pochi se ne rendevano conto, tutto ciò che era accaduto in precedenza assumeva una tinta di vecchia Europa, sebbene si presentasse a volte come la punta della modernità più sfrenata, con tutti i suoi eccessi – sessuali, intellettuali, politici. È il caso della Berlino dove Márai era vissuto pochi anni prima, e che gli era apparsa come un «unico, continuo ballo in maschera». In questo che è anche uno scintillante romanzo di formazione seguiamo il narratore dall’infanzia nella cittadina di Kassa, sullo sfondo del tramonto di quella civiltà danubiana che la storia di lì a poco cancellerà, agli anni in cui, spinto da una vorace curiosità e irrequietezza, abbandona il suo paese per una destinazione a lui stesso ignota. Cominciano così le peregrinazioni nell’Europa fra le due guerre: da Lipsia a Weimar, da Francoforte alla Berlino degli anni Venti (in cui «tutti si davano alla pazza gioia, come avvertendo l’approssimarsi di una catastrofe»); quindi a Parigi, dove con la giovane moglie Lola condivide un’esistenza bohémienne, fra alberghi equivoci e miseri bistrot, templi della mondanità internazionale e caffè dell’emigrazione politica di Montparnasse. E ancora sarà a Firenze, a Londra, in Medio Oriente – sino al momento in cui, mettendo fine agli anni di apprendistato, deciderà di tornare in quella patria «ufficiale, poliziesca, imbandierata e fanatizzata» nella quale, nonostante tutto, per diventare uno scrittore bisognerà cercare «la vera patria, che è forse la lingua, o forse l’infanzia». "Confessioni di un borghese" apparve per la prima volta, in due volumi, fra il 1934 e il 1935.
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Marai versa ambrosia nei padiglioni auricolari con il suo periodare classico di ampio respiro e l'accurata cernita lessicale, senza che tutto questo rechi il benchè minimo nocumento alla leggiadria del tono e alla scorrevolezza della lettura. La squisita caratterizzazione socio-psicologica della popolazione francese, tedesca, ungherese ed inglese, condita da aneddotti di matrice autobiografica ed enfatizzazioni di sapore caricaturale, rappresenta a mio avviso la cosa migliore di questo libro, assieme alla fenomenale capacità dell'autore di conchiudere il ritratto dell'aspetto esteriore ed interiore di ogni singolo personaggio con delle chiose (a volte malevole e sarcastiche) traboccanti di ispirate aggettivazioni: in quegli istanti desideresti possedere lo stesso talento di Marai per poter rimettere al loro posto con due o tre fulminanti battute i tuoi parenti invadenti. Poco spazio viene invece riservato alla descrizione del percorso formativo di Marai, alla sua concezione del legame tra letteratura e vita, e questo sinceramente mi ha deluso. Continuo perciò a credere che da questa autobiografia siano stati espunti altri passi in aggiunta a quelli eliminati dal testo nella versione originale (reintegrati però in quella italiana)...
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