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Leggendo questo romanzo ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte a un elaborato disegno a carboncino: tutto bianco o nero con poco grigio, niente colori. Lettura avvincente, godibile ma talvolta indigesta come un bel piatto di cinghiale con polenta concia. Storia affascinante e purtroppo neanche tanto incredibile. Scrittura incisiva: spero soltanto che la trascuratezza nei confronti del congiuntivo sia un fatto voluto! Leggerò altri suoi libri anche se, per il momento, il confronto con Perissinotto vede quest’ultimo vincente.
Un romanzo scritto con eleganza e grande cura narrativa e che si addentra in qualcosa che è molto più che un giallo. Nell’Italia fratricida degli anni di piombo un intrigo cupo e feroce che sorprenderà il lettore. Si va oltre la storia dello scontro ideologico, della violenza estremista di quegli anni. Dal caso del ritrovamento di reperti monta in crescendo un tourbillion di fatti e personaggi fino ad ipotizzare un piano sovversivo accurato, sofisticato ,col coinvolgimento di pezzi di establishment nazionali ed internazionali che strumentalizzeranno il clima di quegli anni e gli animi infuocati di un gruppo di giovani. Molto efficace il “montaggio” del libro tra il presente, teatro di indagini, ed il passato, teatro dei fatti che accadono. Torino, eternamente a metà strada tra gli operai e la borghesia, tra la lotta proletaria e la tutela dello status quo è tra i protagonisti di questa storia che si rivela grande spunto per molte riflessioni su un passato di Italia molto recente avviluppato da ombre, doppiezze e misteri destinati a non essere mai davvero risolti. La piccola indagine di un commissario caparbio in fase crepuscolare, affiancato da altri due personaggi stravaganti, che si ritrova tra le mani qualcosa che sfocerà vibrante in tragedia greca che stregherà l’attenzione del lettore.
Recensioni
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Quando in un cantiere ferroviario nel torinese vengono rinvenute ossa umane appartenute ad una decina di persone, gli investigatori non hanno dubbi: deve trattarsi certamente di resti risalenti alla seconda guerra mondiale, probabilmente risultato di un’esecuzione sommaria terminata in una fossa comune.
La versione non convince però il commissario Arcadipane, il quale decide di proseguire le indagini; decisione dettata da una serie di piccoli indizi e dalla sua “luccicanza”, dote che pareva averlo abbandonato. In effetti, la perseveranza lo premierà e gli esiti gli daranno ragione: la storia di quei corpi è terminata bruscamente in un periodo molto più recente di quanto potesse far credere un primo esame superficiale. E ricostruendo le vicende di quei resti, Arcadipane si troverà a svelare misteri che vanno ben oltre il cantiere, coinvolgendo l’Italia intera e uno dei suoi periodi più bui.
Dopo il commissario Bramard (Il caso Bramard), Davide Longo torna a dedicarsi al giallo con un nuovo protagonista, che però ha molto in comune con il suo predecessore. Arcadipane è un uomo di mezza età che attraversa una profonda crisi: oltre ad aver scelto una professione che gli lascia ben poco spazio per se stesso, costringendolo a ritmi frenetici, il commissario deve affrontare un matrimonio in crisi e due figli adolescenti che, come se non bastasse, ora vorrebbero persino adottare un cane. Il suo personalissimo metodo per superare i momenti di crisi profonda consiste nel succhiare caramelle, che alterna alle innumerevoli sigarette; ma forse una terapista senza peli sulla lingua riuscirà ad aiutarlo ad affrontare i problemi con nuovo slancio.
Davide Longo, pluripremiato scrittore, insegnate e autore teatrale e radiofonico, regala ancora una volta con questo romanzo intrecci e colpi di scena che non lasciano spazio alla prevedibilità, nei quali solo i suoi commissari sanno muoversi con destrezza, nonostante le loro debolezze che li rendono molto più umani che eroi.
Recensione di Elisa Valcamonica
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