La cripta dei cappuccini

Questo romanzo a cavallo della Prima Guerra Mondiale (WWI) non narra il prima, il durante e il dopo ma è bipartito: descrive le vicende e i sentimenti del protagonista, Francesco Ferdinando Trotta, prima e dopo WWI, relegando il periodo bellico (e la prigionia dei tre ‘moschettieri’, Trotta, il parente caldarrostaio Joseph Branco e il vetturino ebreo Manes Reisinger) a un rumore di fondo. C’è una ragione: sugli eventi di WWI era stata pubblicata una valanga di romanzi (e.g., un Anno sull’Altipiano di E. Lussu o Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale di E.M. Remarque) per cui è possibile che Roth abbia deciso di focalizzare il suo racconto su altri temi. Prima di tutto lo stupore e lo sbigottimento dei reduci al rientro a Vienna, una capitale ormai malridotta e disgregata, e poi il progressivo sfacelo e disfacimento dell’Impero Austro-Ungarico, ritenuto un colosso di immane potenza e invincibile. Con i piedi d’argilla, poiché viveva della servitù e delle risorse di territori e di etnie le più disparate, che ora avrebbero richiesto l’indipendenza. Così i nobili gaudenti d’anteguerra (conti baroni, personaggi altolocati, l’entourage di Trotta) che vivevano una vita da fiaba (e di dissipazioni) ora post-WWI si ritrovano squattrinati, costretti a ipotecare i loro palazzi e a vivere quasi di elemosine. La dura inflazione provocata anche dalle esose richieste di risarcimenti del trattato di Versailles avrebbe creato le premesse prima del fascismo di Mussolini e poi del nazismo di Hitler. Il romanzo è pervaso dalla presenza della morte, quasi fosse una tragedia greca. Prima di WWI, l’accento continuo è: “la morte invisibile incrociava già le sue mani ossute”. Dopo WWI, la situazione peggiora: “ogni mattina […] ogni notte […] imprecavamo alla morte che invano ci aveva attirato alla sua festa […] una generazione votata alla morte, che la morte aveva sdegnato”. Non resta che scendere nella cripta dei Cappuccini, accanto alla tomba dell’Imperatore, per annullare il proprio io.

Ho letto questo libro per scoprire un spaccato su un ambiente ed un periodo storico che mi mancavano un po' e mi incuriosivano. Le vicende del protagonista sono varie e interessanti. Lo stile è ottimo. Le tematiche sono affascinanti, certo tutto il clamore sulla caduta e la dissoluzione dell'impero ausburgico sono più nelle recensioni e nei commenti ( per non parlare dell'ascesa del nazismo, quella proprio forse suggerita nell'ultimissime pagine volendo)

Strabiliante, davvero. Roth orchestra la narrazione di quest'incomparabile romanzo attraverso il racconto di due decadenze: il tramonto dell'Impero austro-ungarico e, contemporaneamente quello dell'erede della casata Trotta, come simbolo di tutta la gioventù viennese. La scrittura raffinata ma scorrevole dipinge una suggestiva Vienna durante gli infuocati anni del Primo Novecento, conducendo nostalgicamente e con una struggente malinconia ad un epilogo memorabile, frutto di tutte le vicissitudini del protagonista. Capolavoro assoluto.