Una raccolta che permette di toccare tutta la produzione di Carver. Spaccati di vita quotidiana, raccontati in modo sincero e senza filtri per catapultarvi dentro il lettore in modo così reale da generare quasi un senso si smarrimento. E poi tutto finisce, d’un tratto. Lo stile è scorrevole e coinvolgente, ma consiglio una pausa tra un racconto e l’altro per coglierne le sfumature e goderne in modo consapevole.
Da dove sto chiamando
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Da dove sto chiamando, l'"autoantologia" voluta da Carver nel 1988, poco prima della morte, presenta nella versione scelta e curata dall'autore racconti appartenenti a tutto l'arco della sua produzione, da quelli del libro d'esordio "Vuoi star zitta per favore?" ai sette "nuovi racconti" di "Elephant". Permette così al lettore di scorgere forse nel modo più compiuto possibile gli orizzonti narrativi che si richiamano da un punto all'altro dell'ormai leggendaria "Carver Country". C'è ovviamente la coppia, fotografata nei suoi vari istanti, sovente nelle diverse fasi di una crisi: come in "I chilometri sono effettivi"; nel momento stesso di una separazione annunciata da una lettera dalla calligrafia "irriconoscibile", come in "Pasticcio di merli". Le donne e gli uomini carveriani si trovano di fronte, all'improvviso e forse quasi senza accorgersene, alla resa dei conti con il sogno americano di provincia. Oppure a raggiungerli è un'eco di violenza: quella del reduce nero di "Vitamine", che come amuleto porta con sé l'orecchio rinsecchito di un vietcong, l'esplosione di aggressività repressa di un padre mite in "Biciclette, muscoli, sigarette" o l'ottusità inquietante del protagonista di "Con tanta di quell'acqua a due passi da casa". O ancora, è l'alcol a scandire le giornate di molti di loro, in racconti come "Un'altra cosa", "Attenti", "Da dove sto chiamando". Prefazione di Michela Murgia.
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Collana:
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Anno edizione:2014
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Giulia Michela Vanoli 10 marzo 2017
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Roberto Marchiotto 26 gennaio 2017
Quando si inizia a leggere un qualsiasi racconto di Carver, si ha la sensazione di sprofondare da un momento all'altro in una tragedia che non ci può per nessuna ragione appartenere. Poi col trascorrere delle righe ci si ritrova a vivere frammenti di vita vissuti o sognati. E quando sfumano, non spariscono del tutto, ma te li rigiri, soppesandoli, lì, in mezzo al petto.
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Giulia Binando 28 novembre 2016
Raymond Carver è senza dubbio un genio. E lo è perché non ha bisogno di strafare, perché è capace di raccontare la quotidianità senza avere bisogno di inventarsi qualcosa di meglio, perché vuole riservare una profonda attenzione alla vita, di chiunque. Da dove sto chiamando (e anche solo il titolo è meraviglioso) è una sua autoantologia, una raccolta delle raccolte che ha riunito poco prima di andarsene. Consiglio vivamente questo libro, parla di tutti noi.