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uno testo fondamentale della filosofia del Novecento. molto più attuale ai nostri giorni che all'epoca in cui è stato pubblicato. l'incipit è fulminante. i due autori discutono degli aspetti negativi della moderna società industrializzata attraverso metafore alquanto efficaci, quali ad esempio, il frammento di Ulisse. la lettura senz'altro non è semplice, a causa della scrittura involuta dei due autori, ma è senz'altro obbligatoria
Probabilmente in tempi arcaici l'uomo era parte integrante della natura al punto da confondersi in essa. Il primo distacco avvenne con timore e tremore, ma fu un distacco irreversibile grazie al quale l'uomo riuscì a prendere coscienza della sua propria identità anche se al tempo stesso dovette reprimere a poco a poco, sempre più in modo veemente tanto quanto veemente si faceva il distacco, tutto quanto era spontaneo e naturale in lui nella sua ambivalente pulsionalità. I miti, le religioni e le metafisiche non sono altro che cristallizzazioni sublimate dello spirito nella ragione oggettiva per trattenere ancora una comunicazione sacrale con la natura dentro e fuori dominata. Col dispiegamento dell'illuminismo (inteso come ragione strumentale che si afferma già nel mito) non c'è più spazio per la ragione oggettiva ma soltanto di quella strumentale che anzi vede in quella oggettiva traccia delle antiche superstizioni. Non si può allora rinvenire il gusto per la metafisica, per la religione e per i miti se non riproponendoli nelle loro veste sorgiva, cioè risalendo alla natura stessa, con quel tanto di felicità e orrore che tale ritorno comporta ( De Sade, Nietzche) al fine di recuperarla all'insegna di una ragione che non sia più quella strumentale del dominio ma neanche quella asservita al vitalismo immediato che con l'acqua sporca della civilizzazione butta via anche il bambino seminando morte (antisemitismo e industria culturale). La ragione oggettiva che si deve riproporre è quella dialettica, che nella negazione determinata del nostro mondo strumentale si va avanti senza conciliazione, con la negazione stessa per non offendere l'offeso e per coglierlo come quel rimosso che in controluce schiarisce la mutilazione civilizzante dell'umanità.
Non so proprio che cosa XYZ abbia trovato di revisionistaico in questa edizione, a meno che non abbia ritenuto tale la straordinaria, illuminante prefazione di Carlo Galli; ma non mi fiderei di uno che dice a tutti gli altri "vi hanno bruciato i neuroni". Il libro è ricco di difetti e di pregi, i più rilevanti dei quali sono rispettivamente la visione troppo assolutistica del dominio della ragione distorta e strumentalistica, e il profondo, nobile sdegno filosofico che non rinunzia ad additare una verità e una giustizia oggi irreperibili. Per un bilancio accuratissimo v. le pagg. finali di Galli
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