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Anno edizione: 2016
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Devo dissentire dalle altre recensioni: non ho trovato piacevole lo stile. Trasudante cultura, t’inonda di poesia, riferimenti a tutti: classici, filosofi, teologi, ecc., ti umilia con vocaboli desueti e una scrittura ricercata (troppo), ti martella con citazioni; per fortuna che l'autore si era pentito e nelle prime edizioni le aveva eliminate (ma nell'ultima edizione sono state inserite dai curatori, ahimè). Preferisco libri meno colti e presuntuosi che non ti calano tutto dall’alto ma ti coinvolgono nel dolore con sincerità e semplicità, senza l’ampolloso sfoggio di una superiorità nozionistica noiosa e pedante, emblematica di atteggiamenti professorali superati che non stimolano l’interesse ma addormentano la curiosità e la voglia di conoscenza (Chissà Dante....). Cavoli, questa, in fondo, è solo una storia di gente malata che (nel dopoguerra) vive in sanatorio per poi (la maggior parte) morire, tranne l'autore che infine guarisce (dopo essersi innamorato di una scombinata che poi muore).
E' meglio vivere la morte da protagonista o la vita da comparse?Questo è il conflitto interiore che sta alla base della storia e che offre al lettore profondi stimoli di riflessione. Per la tematica affrontata e per la prosa dell'autore, questo libro insegna che ogni storia ha un suo tempo di lettura diverso. Il lessico di Bufalino è unico nel suo genere, ricco e affascinante. Richiede tempi dilatati per poter essere assimilato senza venirne sopraffatti. E' un libro breve, ma da leggere piano.
No, non è un libro semplice né, tantomeno, da ombrellone. Inoltre la trama, nella sua semplicità, potrebbe risultare perfino banale. Ma lo stile è meraviglioso, la prosa ricchissima e ammaliante, quasi barocca, da sorseggiare lentamente come un buon picchiere di passito. Insomma, un romanzo per chi crede che un "buon libro" non debba per forza essere facile.
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