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Anno edizione: 1998
Anno edizione: 2012
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Romanzo-fiume. Il tema narrativo è la soggettività, oceanica e divagante per piste labirintiche e maliose, del protagonista, che si fa specchio alla vita che gli à intorno, al suo svolgersi ora assurdo ora comico ora tenero ora crudele. La scrittura è un immenso occhio proteso ad abbracciare la totalità. Accoglie il dato minuto e frivolo dell'esistenza, i particolari anche modesti e irrilevanti, ma si sofferma su essi partecipandovi con gioia sincera e dedizione totale, come se al mondo non esistessero che quelli, liberandoli della patina di ovvietà e scoprendovi motivi di inesauribile meraviglia: li amplifica, ci cuce sopra un affresco, coglie in essi una rivelazione di bellezza: riconosce l'aura, la radiosità che avvolge le apparenze: sono queste epifanie i 'doni' che sorprendono il protagonista tra le pieghe del quotidiano, si offrono al suo sguardo incantato, gli tramutano la vita in miracolo. Dono è anche quello delle parole, di cui il libbro tesse una implicita celebrazione: esse ricreano il mondo, perchè scoprono inauditi rapporti tra le cose imbastendo metafore. Un libro che ne contiene altri, come tante borse l'una nell'altra entro un sacco più grande; e infine un inno al destino: è lui a scrivere il libro delle nostre vite, quello che ci accade somiglia a una storia in cui siamo dentro, e la vita che vivamo srotola le sue pagine giorno per giorno come un romanzo, orchestrato da un regista sconosciuto che prepara, al di là degli apparenti ostacoli e intoppi, la nostra felicità futura, sebbene noi non abbiamo fede per guaradare abbastanza lontano da riconoscerla - ecco in fondo la prospettiva che ci fa intravedere: esiste un piano benevolo che assicura a ognuno la sua porzione di gioia, anche quando tutto intorno a noi sembra dire il contrario e la realtà pare turpe e volgare, essa guardata in trasparenza irradia una luce che la assolve e giustifica di tutto
Ultimo di quelli scritti da Nabokov in russo, il libro è piuttosto difficile, sia per lo stile sia per l’argomento che forse richiederebbe una conoscenza ben più che approfondita della letteratura e delle vicende storiche russe. Il passare con disinvoltura dalla terza alla prima persona rende il lettore molto attento e sospettoso e poi il flusso dei ricordi e della fantasia del protagonista provoca continui salti temporali non solo nella sua storia personale ma anche in quella che coinvolge le vicende di altri personaggi, per lo più rifugiati russi di cui spesso Nabokov si diverte a fare una caricatura grottesca. La struttura del testo poi è complessa per un gioco continuo di simmetrie, allusioni, citazioni e personaggi ed autori della vita russa di non sempre facile impatto. Da notare poi la circolarità della struttura , nonostante la divisione in cinque lunghi capitoli che sembrano procede su una linearità temporale. In ognuno di essi invece Nabokov segue una sua traccia mirata a chiarire la qualità e la profondità di questo “dono”, che dà titolo al libro. Il protagonista Fëdor Godunov-Cerdyncev ha effettivamente o pensa di avere questo dono, questo fuoco sacro del poeta, dello scrittore e cerca in tutti i modi di farlo emergere attraverso l’accostamento ad un modello letterario. Nel secondo capitolo, per me il più bello ed intenso, Fëdor scrive una bella biografia che non manca di tratti poetici della figura del padre, entomologo ed avventuriero, ed il lettore pensa che questa sia l’opera con la quale il protagonista cerca di dimostrare la sua bravura. No. Sarà invece nel quarto capitolo, il più ostico, che Fëdor Godunov-Cerdyncev penserà di aver raggiunto il massimo della sua arte. In questa parte egli si cimenta in una biografia quanto mai critica e livorosa del famoso Cernicevski, un romanzo nel romanzo ma senza alcuna intenzione meta-letteraria. Ma è proprio questa l’opera più rappresentativa di Fëdor Godunov-Cerdyncev? Sembrerebbe di sì. Per alcuni critici in questo quarto capitolo “C’è il cuore del discorso di Nabokov sulla letteratura russa, e quindi è il cuore del romanzo che fa della letteratura russa la sua ragione d’essere>>. Forse! Ma ecco che nell’ultimo capitolo si ritorna un po’ indietro e ci si ricollega ancora sul “dono” sulla sua importanza, sulla sua qualità e sul mezzo migliore per utilizzarlo. L’ultima scena, dissacrante quanto mai, sottolinea con forza che il fruitore del DONO, il “genio” cioè, il poeta insomma, possiede una libertà e una indipendenza uniche, che i semplici borghesi non possono certo capire!! Che irriverente e irriguardoso questo Nabokov!!
Nel romanzo uno scrittore russo racconta il processo di scrittura di un libro. Si scopre, però, un movimento rotatorio: la fine rimanda all'inizio e il romanzo che il lettore legge è lo stesso che il protagonista scrive. Una situazione speculare, qual è la verità?: il "LIBRO" nel quale leggiamo la vita e dal quale la vita è influenzata? O la "VITA" nella quale leggiamo il libro e dalla quale il libro stesso è influenzato? I Libri e la Vita, insieme, contengono il vero dono: il "Destino" determinato da questa reciproca influenza.
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