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Libro tristissimo, a tratti pesante, macchinoso, con troppi dettagli. Salverei realmente solo la parte finale, con l'elenco delle giovani ebree le cui vite furono inghiottite, come quella di Dora, da una storia tragica ed incomprensibile.
Leggere questo libro è un'esperienza particolarissima. Lo si prende e lo si lascia, si vorrebbe non pensare alle Dora Bruder eppure ferma scorre la certezza che ogni vita, nelle scelte che compie, è indimenticabile, lascia tracce, percorsi che si arrestano, si perdono, si smarriscono ma restano ad abitare chi ha letto. Chi noi siamo a volte lo decidono gli altri ripercorrendo i nostri passi, ma il mistero di ogni vita come singolare ed unica resta intatto
L'atmosfera che pervade questo libro è decisamente cupa, grigia, soffocante. L'autore/narratore, durante le sue ricerche d'archivio, in un trafiletto del Paris-soir del 31 dicembre 1941, casualmente, apprende della fuga/scomparsa di Dora Bruder, ebrea nata a Parigi da genitori immigrati dall'Austria, il padre, e dall'Ungheria, la madre. Basta questa semplice e occasionale conoscenza per "ossessionare" il narratore e indurlo a esplorare il tempo e lo spazio di una Parigi durante l'occupazione nazista per cercare di dare contorni e consistenza reale ad "un'ombra", una ragazzina di 15 anni che, come tante altre, finirà i suoi giorni ad Auschwitz. In questa ricerca il narratore ricostruirà gli spostamenti di Dora Bruder attraverso le strade e i luoghi di Parigi con precisione "ossessiva", e tale indagine, comunque non riuscirà mai a cogliere i suoi "affetti", la sua..."vita". Patrick Modiano, consapevole di questo vuoto, sarà spinto a dire che: "questa precione topografica contrasta con quanto ignoreremo per sempre della loro vita...con quel vuoto, con quel grumo di ignoto e di silenzio." L'elemento, d'altronde, che conferisce fascino al libro è secondo me l'intrecciarsi della figura del narratore con quella di Dora durante il racconto, come se due piani temporali trovassero dei punti di intersezione attraverso una Parigi "deserta e silenziosa: ritrovare Dora è in fondo un po' ritrovare se stesso. La conclusione a cui giunge Modiano, a proposito di Dora, è alla fine, come dicevo, un "vuoto". Ignorerà "per sempre come passava le giornate, dove si nascondeva, in compagnia di chi si trovava durante l'inverno della sua prima fuga e nelle poche settimane di quella primavera in cui scappò di nuovo. E' il suo segreto. Povero e prezioso segreto che i carnefici, le ordinanze, le autorità cosiddette d'occupazione, le caserme, i campi, la Storia, il tempo - tutto ciò che insozza e distrugge - non sono riusciti a rubarle.
Recensioni
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Quante ombre percorrono le strade del mondo, quante esistenze da tempo finite ancora sembrano aleggiare tra le case di città popolate adesso da nuove vite... In mezzo a queste angosciose e scure presenze Modiano intravede Dora Bruder, una ragazza di 15 anni, ebrea, fuggita da casa nel lontano 1941.
Sin dalle prime righe sappiamo che l'autore ha fatto la conoscenza con Dora leggendo casualmente un annuncio, comparso su un vecchio numero di Paris-Soir, in cui i genitori la ricercavano. E subito scopriamo che Modiano viene come folgorato da questo annuncio, che Dora diventa per lui quasi un'ossessione. Deve scoprire i motivi di questa scomparsa, deve capire come si svolgeva la sua vita, deve risalire alle fonti per comprendere la fine, drammatica, di un'esistenza infelice, simbolo di tante altre esistenze analoghe.
Tra le strade di Parigi, tragicamente colpita dalla seconda guerra mondiale, vagava una ragazza, ebrea e minorenne, in fuga, con un passato molto "normale", una famiglia tradizionale, una storia personale inconsistente. Dove andava Dora nel suo vagabondare? Quali erano le sue sensazioni? Come sfuggiva alle ricerche?
Il 13 agosto 1942 è documentato il suo internamento nel campo di Drancy, proveniente da quello delle Tourelles. Dunque la sua ricomparsa avviene in concomitanza con il drammatico evento dell'arresto e dell'internamento. Modiano ricostruisce i fatti con appassionata curiosità, ricercando tra documenti personali, testimonianze, registri di polizia. Ripercorre le strade per lei abituali, entra negli edifici in cui Dora entrava, visita il suo collegio, nel cui registro alla voce "data e motivo dell'uscita" è scritto: 14 dicembre 1941.
Causa fuga, e quasi la incrocia, quasi la vede, come se fosse possibile rivivere quei giorni lontani, in cui non era nemmeno nato. Immagina anche un possibile incontro, durante un rastrellamento per le strade, tra Dora e il padre dell'autore, in un camion che li stava trasportando verso quei campi di concentramento.
Quanto c'è di autobiografico in Dora Bruder? Molto, se, come afferma Pietro Citati, la giovane protagonista è "il suo doppio femminile, la vittima che egli avrebbe voluto essere e che non è stata".
Un romanzo sulla scomparsa, sull'annientamento dell'essere umano, sulla cancellazione della persona, sulla negazione: un romanzo di ombre e di memoria. "Se non fossi qui a scriverlo, non esisterebbe più traccia della presenza di quella sconosciuta e di mio padre su un cellulare nel febbraio del 1942, sugli Champs-Elysées. Soltanto persone - morte o vive - da iscrivere nella categoria degli individui non identificati."
A cura di Wuz.it
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