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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2017
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Può essere classificato come distopico questo romanzo in cui, come riporta la trama, un rinomato linguista finisce per sbaglio in una città la cui lingua gli è incomprensibile, nonostante tutte quelle che conosce. All'inizio la storia assomiglia a quegli incubi in cui non riusciamo a tornare a casa, o sbagliamo a fare una telefonata, ma più va avanti, l'angoscia del protagonista da incubo, da materia letteraria, si infiltra nella nostra realtà. La folla, le code non sembrano quelle in cui rimaniamo imbottigliati nei nostri giorni di vacanza? E il cibo sempre con lo stesso retrogusto dolciastro, da monomarca sovietica inizia ad assomigliare alla finta diversità delle multinazionali. MacDonald in tutto il mondo. Alienazione, quindi, fra le persone, nelle città, sconfinate, palazzi su palazzi. Fa un po' paura. Da leggere perché le vere distopie sono queste che fanno pensare ai difetti e agli incubi del presente.
Un uomo - un linguista, che padroneggia senza problemi una decina di lingue - si ritrova improvvisamente prigioniero di una città sconosciuta, i cui abitanti parlano un idioma indecifrabile. Budai diventa uno straniero, in una terra che non fa nulla per capirlo. Uno solo, tra i tanti volti che incontra, gli sorride. È una donna, addetta a manovrare l'ascensore di un hotel. È Epepe, o forse Tetete, o forse Bebe. I fonemi di quella lingua sconosciuta sembrano cambiare ogni volta... Un libro angosciante e irritante. Impossibile non immedesimarsi nel protagonista; impossibile non caricarsi della sua rabbia e della sua disperazione. Impossibile non sprofondare nella narrazione. Uno spunto interessante sulla condizione di straniero, lasciato a se stesso in un mondo che non riesce a decifrare. Avvolto in una folla disumana di persone, eppure inevitabilmente solo. E, allo stesso tempo, un romanzo su un amore sincero e incomprensibile, capace di fermare per un attimo il tempo e l'angoscia della vita. Quello in cui si ritrova Budai è un mondo che fa pensare al futuro, veloce, frenetico, impenetrabile. Un mondo che forse un giorno esisterà. E un mondo al cui interno chi ancora vorrà procedere lentamente, chi vorrà fermarsi a parlare, sarà irrimediabilmente uno straniero.
Capita a volte di pensare (erroneamente) "poche pagine=libro leggero". Ecco, Epepe è invece un libro in cui ogni pagina è densa di parole, di fatti, di personaggi, di sensazioni e di speranze disilluse. Una scrittura magistrale, che trasmette perfettamente l'angoscia e lo straniamento provati dal protagonista. Fiondatevi a leggerlo!
Recensioni
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