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Anno edizione: 2017
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"L'età dell'innocenza" ha permesso alla Wharton di essere la prima donna a portarsi a casa il Premio Pulitzer nel 1921, a un anno dalla sua pubblicazione. Mi aspettavo quindi una storia sfarzosa, ricca, elegante e raffinata. In realtà ho trovato tanta opulenza, lusso sbandierato ai quattro venti e personaggi che sono quasi materiale d'arredamento alla loro epoca. La New York che viene descritta non è quel salotto aperto e accogliente che credevo fosse durante la Gilded Age, periodo storico tra il 1870 e il 1900, caratterizzato da industrializzazione e crescita economica, al contrario è un luogo chiuso, riservato a una precisa cerchia di famiglie aristocratiche. Le persone che contano nella società vivono nel medesimo quartiere, frequentano gli stessi luoghi, compiendo di volta in volta precise azioni per mettere in luce il loro patrimonio, trascorrono le vacanze nella stessa località e non frequentano nessuno che sia a loro esterno. Incontriamo così due giovani, Newland e May che, secondo le convenzioni dell'epoca, instaurano un matrimonio più di "interesse" che di amore. Sentimento quasi del tutto inesistente in queste pagine, sostituito da avarizia e tornaconto personale. Entrambi i personaggi non mi hanno mai conquistata, ho sempre cercato di mantenere distacco da loro, trovando terrificanti gli stessi pensieri di Newland nei confronti della moglie. Ho visto un piccolo spiraglio verso una società dai valori differenti nell'ultimo capitolo, che compie un salto temporale di ventisei anni, spiazzando il lettore e facendogli perdere inevitabili pezzi, quando si può compiere anche un paragone tra il Newland uomo e il figlio Dallas, che rappresenta la modernità e l'emancipazione di un'intera società che va incontro a nuovi dettami. Sono sincera con voi, oltre alla critica che viene mossa alla società newyorkese dell'epoca, incentrata sull'ego personale piuttosto che sul bene comune, poco altro ho apprezzato. Lo stesso stile narrativo mi sembrava sempre farcito di giustificazioni: ogni frase termina con una lunga parentesi contenente i perché relativi a una determinata azione o pensiero, quasi a volersi scusare verso i lettori futuri. (Tenetevi lontani dall'edizione mondadori)
Diversamente di tanti altri romanzi storici, il libro di Wharton ha due protagonisti principali: Newlan, uomo giovane e molto consolidato nellasocietà dove vive, e l'approfondita e precisa descrizione ambientale della New York per bene di fine secolo XIX. Newland Archer è un avvocato della buona società di New York, fidanzato con May Welland. La sua vita scorre nei più tranquilli e tradizionali schemi borghesi dell'epoca, fino al giorno del ritorno a New York della contessa Ellen Olenska, cugina di May. Ellen, reduce da un triste matrimonio in Europa, torna a New York per ritrovare se stessa e l'amore della sua gente, ma scopre ben presto che i pregiudizi su di lei non la faranno mai sentire veramente a casa perché, per la società newyorkese dell'epoca, lei è una donna compromessa che dovrebbe sottrarsi alla vita sociale. Ma Ellen non ha alcuna intenzione di vivere segregata per una colpa che non ha e decide di voler chiedere il divorzio dal marito, il conte Olenski. Per evitare questo, la famiglia chiede a Newland di intervenire per dissuadere la contessa dal suo intento. Newland comincia così a frequentare Ellen e ne subisce il fascino, finendo con l'innamorarsene. Lei gli farà capire la falsità dell'ambiente in cui ha sempre vissuto e dei valori ipocriti che ne sono alla base. Ma il loro amore non riuscirà ad emergere e trionfare contro l'opprimente meccanismo delle cose prestabilite e formalizzate, a cui i protagonisti non riusciranno a sottrarsi, incapaci di ribellarsi e rischiare tutto per seguire il loro istinto emotivo. Il libro di Edith Wharton, datato 1920, non è solo la descrizione di un amore infelice, ma è anche o soprattutto una fotografia della società americana dell'epoca, scattata con classe dall'autrice che, con dovizia di particolari e un linguaggio elegante, raffinato e condito con efficace sarcasmo, riesce a rappresentare l'ipocrisia delle convenzioni sociali di quel periodo. Il vecchio sistema di New York è, come descrive l'autrice, "il sistema della gente che teme gli scandali più delle malattie, che pone il rispetto delle forme più in alto del coraggio", dove ciò che realmente si prova non deve essere fatto, né detto, né addirittura pensato, per non alterare quel fragile equilibrio fittizio in cui ogni membro della società vive. Un libro che rappresenta una critica ad un mondo dove l'innocenza dell'amore e dei sentimenti più puri e passionali sono considerati scandalosi episodi da isolare, mentre il conformismo soffocante fatto di ipocrisia e banalità rappresenta l'unica strada rispettabile da percorrere.
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