L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Altre offerte vendute e spedite dai nostri venditori
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2023
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Come ogni saga familiare, un ritratto ideale, idilliaco e fiabesco. L’unione, l’amore, la simbiosi domestica che cova i germi degli errori futuri. Poi la cesura. Il punto di rottura, la svolta. La confusione e lo stordimento che precedono la rapida caduta, il capovolgimento, il vuoto, lo smascheramento agghiacciante. Una scrittura avvincente e avvolgente, nonostante la prevedibilità dei contenuti. I profili psicologici dei protagonisti sono forse l’aspetto più “gustoso” dell’opera. Unico neo, secondo me, il finale inutilmente prolisso. Superfluo. Libro consigliato.
Tra i bersagli privilegiati della Oates c'è, e fin dagli inizi della sua lunga carriera, la volontà di smascherare la struttura dispotica della famiglia nucleare borghese per spostare in primo piano i meccanismi violenti sui quali si basa, le asimmetrie di cui si nutre per restare in piedi. Alla base di «We Were the Mulvaneys» (1996) c'è una lunga riflessione sulla possibilità che, nonostante questi orrori, la soggettività dei singoli possa ugualmente formarsi, e quindi sia possibile indagare su di essa in forma di romanzo per comprenderla. Il percorso è però ostacolato dai giochi identitari che ci permettono di continuare a vivere tra mille compromessi e più rare oasi di pace momentanea. Quindi non è un'operazione semplice, ma d'altra parte «non c'è nulla tra gli esseri umani che non sia complicato, ed è impossibile parlare di esseri umani senza semplificare e procedere per approssimazioni» (p. 422).
Ah se l'avesse scritta Balzac questa storia, quanta ironia e quanta commozione avremmo trovato tra le righe e nelle pieghe di ciascun personaggio. E invece l'ha scritta la Oates, una scrittrice a me sconosciuta fino ad oggi che mi trattengo a stento dal definire glaciale, asettica, distante. Quanta poca empatia per questi esseri umani, forse con la sola eccezione di Marianne e dei numerosi animali che popolano tutto il romanzo. La Oates parte con una perfetta e piuttosto antipatica famiglia per bene, prosegue con una valanga di disgrazie, finisce con una sorta di happy end (il 4 luglio!!) che chiude tutte le esistenze in un pacchetto colorato di cui ancora non mi capacito. Di 1/3 della narrazione forse potevamo fare a meno, le prolissità della scrittrice non aiutano perchè contrariamente a Balzac che nella prolissità sguazza e ci coinvolge, qui ci perdiamo e spesso anche annoiamo, prendendo le distanze poco alla volta. Il titolo italiano poi non aiuta neanche a capire di cosa stiamo leggendo. Più opportuno "Eravamo i Mulvaney", una delle tante famiglie americane appunto. Ah fosse stato P. Roth a raccontare la stessa storia...
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore