Ogni volta che inizio un nuovo libro di Coetzee una piccola parte di me sotto sotto spera di scovare l'imperfezione, di percepire una perdita di tono, un cedimento rispetto agli standard eccelsi a cui ci abitua, se non altro per essere rassicurata del fatto che mi trovo davanti al prodotto di un essere umano fallibile. Quella piccola parte di me rimane puntualmente sconfitta su tutta la linea. Questa volta la protagonista è una donna ( e io tremo ogni volta che ho a che fare con protagoniste femminili, se posso le evito ) che dopo aver vissuto l'esperienza del naufragio su un'Isola deserta torna in patria portandosi dietro l'ossessione di dover rendere immortale la propria storia. Così si rivolgerà al Signor Foe ( ovvero Daniel Defoe, ovviamente ) sperando che accontenti la sua esigenza. Purtroppo si troverà a sbattere contro la sua reticenza, che lo renderà inizialmente elusivo, per via della totale mancanza di attrattiva della vicenda da lei vissuta. Niente cannibali sanguinari, niente storie d'amore travolgenti, nessun ritorno agli istinti primordiali. Solo silenzio, solitudine condivisa con l'uomo che la raccolse dalle acque, refrattario a qualsiasi forma di condivisione e dialogo e il suo schiavo Venerdì, reso muto dall'amputazione della lingua fin dall'infanzia. Non ci sono gli elementi tragici e il dinamismo o il romanticismo che rendono una storia vendibile. Da qui Coetzee tira le fila innanzitutto per quella che a me è sembrata una dichiarazione d'amore spassionata verso la letteratura come arte ma allo stesso tempo pone la questione della sofisticazione della verità, della sua manipolazione e del sottile confine tra finzione e realtà che qui si mescolano rendendo lo stesso lettore realmente confuso e disorientato tanto quanto la protagonista, che è a un tempo il personaggio fittizio dello scrittore e la persona concreta nella propria personale esperienza. D'altro canto riporta in qualche modo l'esperienza coloniale, che oltre ad aver privato gli indigeni di qualsiasi diritto su se stessi e sulla loro terra, li ha anche privati della parola. Della facoltà di raccontare la propria storia.
Foe
Susan Barton naufraga in un'isola abitata solo da un uomo enigmatico, Cruso, e dal suo servitore, Venerdì. Del loro passato, Susan riesce a sapere poco o nulla. Cruso le rivela solo che Venerdì è incapace di parlare: qualcuno gli ha mozzato la lingua quand'era ancora bambino, condannandolo a un eterno silenzio. Dopo la morte di Cruso, Susan, salvata e riportata in Inghilterra insieme a Venerdì ha un unico desiderio: che uno scrittore, Foe, racconti dell'isola, di lei, di Cruso e, soprattutto, dia voce al silenzio di Venerdì che, giorno dopo giorno, si fa insopportabile. Coetzee reinventa la vicenda di Robinson Crusoe, puntando lo sguardo sulla narrazione, arte tirannica, mistificatoria, e però necessaria, l'unica salvezza nell'oscuro disegno della vita.
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Autore:
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Traduttore:
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Editore:
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Collana:
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Anno edizione:2007
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Valentina Visciotto 01 marzo 2017
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Rossana Porcaro 25 novembre 2016
Un testo che riesce a sorprendere, nonostante la storia a cui fa riferimento "Robinson Crusoe" sia ben nota. Robinson Crusoe, opera scritta da Daniel Defoe, conosciuta per essere il primo vero e proprio romanzo britannico, è divenuto il manifesto del colonialismo inglese. Marx ritrova in Robinson il primo vero e proprio capitalista, Coetzee invece vuole mettere in risalto un altro aspetto. Robinson, nel suo incontro con Friday (nell'opera di Defoe) subito pensa di ''sottometterlo'', non pensa di poter imparare qualcosa da lui, i suoi usi e costumi, ma decide immediatamente di insegnargli la sua lingua e di farne un cristiano, proprio per questo motivo è il simbolo dell'imposizione della cultura inglese nel periodo del colonialismo. Coetzee decide, invece, di ribaltare tutto, vuole far capire il suo punto di vista accentuando alcuni tratti dell'opera originale e capovolgendone altri. Friday ad esempio, lo scopriamo già dalle prime pagine, è muto. Muto perché in ogni caso non è riuscito ad esprimersi nel contatto con il "padrone" Robinson, nell'opera di Defoe, Ancora, la protagonista è una donna, Susan Barton, che racconta quanto avviene sull'isola.. cosa che non avviene per l'opera di Defoe in cui la donna non viene quasi mai nemmeno nominata.
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Vincenzina Cicatelli 12 novembre 2010
Un masterpiece nel filone delle riscritture post-colonialiste delle grandi opere del passato che esalta le potenzialità della narrativa post-modernista. Coetzee riesce riscrivere la celeberrima avventura di Robinson Crusoe, nata dalla penna di Daniel Defoe - padre del romanzo borghese - utilizzando tecniche narrative tradizionali e sperimentali (la descrizione, il carteggio, il flusso di coscienza) e punti di vista completamente differenti per decostruire e ricostruire una storia che riesce a diventare altro da sé, altro dall’originale. La parola è data alle voci non ascoltate dalla storia ufficiale (e non soltanto narrativa) e cioè alla donna, Susan Barton, protagonista borderline del romanzo, e al servo Venerdì, muto e mutilato, simbolo di tutti gli schiavi a cui è stato negato il diritto di raccontare la propria verità. Ed è proprio la storia di Venerdì, segreta e perturbante, ed il suo assordante silenzio a costituire il nucleo centrale del romanzo, tanto da diventare un’ossessione per Susan, sia durante che dopo la permanenza sull’isola. Cruso (il Crusoe di Defoe) non è più l’uomo-simbolo del positivismo inglese, l’uomo che si fa da sé, l’uomo della fede e del progresso… ma è un uomo senza più memoria, in cui verità e menzogna si confondono, in cui sono sovrane solo solitudine e smarrimento. Coetzee spalanca gli orizzonti del lettore in ogni senso, allargando anche il teatro della scena e i suoi attori: non c’è più solo l’isola con i suoi due attanti, ma spazi diversi, comparse enigmatiche e fugaci, colpi di scena, misteri che sembrano irrisolvibili. La fiction diventa storia, lo stesso Daniel Defoe diventa personaggio narrativo. Si perdono i contorni degli eventi, tutto viene messo in discussione, viene annebbiata persino la capacità stessa del lettore di discernere il vero dal falso. Ma nel caos narrativo che crea Coetzee, il silenzio di Venerdì brilla come un diamante grezzo ed inafferrabile. Splende in sottofondo come tutte quelle verità disarmanti e spaventose che aspettano solo di essere riportate alle luce, interpretate con coscienza da chi legge oltre la superficie.