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Anno edizione: 2017
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Alla fine del libro, il grido di dolore e di rabbia è rivolto alla città. Una Genova che, anche per la sua conformazione morfologica, è predisposta naturalmente alla discriminazione, alla divisione. “La città vecchia” raccontata da Fabrizio De André in una delle sue più toccanti canzoni, si è spostata sulle alture delle periferie. Il Cep di Prà, il Cige di Begato. Ghetti, non sono altri che ghetti che nulla hanno da invidiare a quelli costruiti per gli ebrei nel periodo nazista. “Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi.” Eppure in quei casermoni luridi e maleodoranti, se si cerca con attenzione, si trovano tutti i sentimenti che si percepiscono altrove. Amore, odio, violenza, tenerezza, paura, ed infine l’inevitabile morte. Ma la morte non rappresenta una sconfitta. La morte rende vincitore e inserisce nel contesto proustiano del romanzo. Include meccanicamente “ALL’OMBRA DELLE RAGAZZE IN FIORE.” Il romanzo è una immaginaria scacchiera dove vengono disposti i personaggi/pedine non seguendo la logica e le regole del gioco. Odette (altro riferimento proustiano), avrebbe tutto dalla vita. Ricchezza, bellezza, intelligenza. Odette è nata vincitrice. E’ padrona del tempo: si inserisce nell’epica greca e romana e cerca di partecipare, seguendo i consigli della nonna, e di interferire nelle decisioni che prendono i grandi condottieri, Cicerone, i poeti come Catullo. Ci racconta che la diversità è antica. Il dolore di vedersi strappare un figlio esisteva già prima di Cristo La vincitrice esce sempre sconfitta, nello studio, nello sport, nelle relazioni. Soffre ma non combatte. E’ della Genova “bene”: non sa lottare. Leila, Maddalena, Shaula, Loretta, Fabrizio e, soprattutto Tiziana, l’assistente sociale, hanno tutti lo stesso ceppo di appartenenza. Chi è rimasto nel putridume è riuscito a mantenere una dignità che irrompe come un fulmine contro coloro che hanno avuto più fortuna. Loro, gli avvantaggiati, sono i veri sconfitti. Il CEP, il CIGE sono tutti costruiti sulle colline. “Dormono dormono sulla collina…” Tutto alla fine si distrugge, si rompe. Restano i cocci, le rovine, i FRAMMENTI. Sono Frammenti di Fiori.
Un viaggio in una Genova lacerata, a caste, che risente ancora dei progetti urbanistici che hanno condannato il suo Ponente. E due donne, un'assistente sociale e la sua assistita, che condividono l'esperienza del degrado e dell'espiazione. Nel leggere questa scrittrice si percepisce un'urgenza di denuncia che viene però contenuta in uno stile delicato, solo a tratti violento: quando proprio non se ne può fare a meno.
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