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La stesura della Gran Bevuta, più volte interrotta e ripresa, occupò Daumal fra il 1932 e il 1938. In principio Daumal si proponeva di mettere satiricamente in scena le esperienze con il gruppo del «Grand Jeu», ma in seguito lo scopo del libro andò modificandosi per diventare l'itinerario della sua ricerca dell'essenziale.
Ispirato alla metafora rabelaisiana del bere, il racconto offre un aiuto per evitare i rischi di un falso pensare, quello che si paga con la perdita di tempo o con l'autoinganno. Sapersi ubriachi, sia pure di discorsi e di gesti inutili, e volerlo essere ancora di più è infatti il primo passo verso il raggiungimento di quella sobria ebrietas che porta alla lucidità e permette di intravedere il proprio cammino. La narrazione, dove «ogni frase ha un senso pieno», procede con humor implacabile e in modo che il lettore abbia l'impressione «di non sapere su quale piede danzare». Nel risolvere l'imbarazzo, le ultime pagine indicano quella che può essere la porta per uscire dal circolo vizioso dell'esistenza e cogliere un'«ordinaria luce del giorno».L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
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