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Anno edizione: 2014
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Tra "Il lavoro culturale" e "La vita agra", secondo tassello di una formidabile trilogia lasciataci da un autore che ha precorso la contestazione globale del mitico '68. Un libro da rileggere, assieme agli altri due, per riscoprirne ancora oggi la sconvolgente carica profetica. Un libro del nostro recente passato, rimasto (purtroppo) sempre attuale.
Il fratellino minore del bellissimo "La vita agra". Un Bianciardi non ancora integrato, forse non ancora fagocitato e risputato fuori dalla grande metropoli, per ora soprattutto affascinato e sconvolto dall'esperienza di far parte della "grande iniziativa" (la nascita dell'editrice Feltrinelli) di cui narra, con forse un eccesso di ironia e una sorta di divertita amarezza, le infinite riunioni, discussioni, litigi e invidie tra le quali si snoda (ma anche cresce) quell'irripetibile progetto culturale. Luciano è spaventato, sa di non essere capitato nel posto giusto per lui, e si difende con la satira, il sarcasmo e un orgoglioso provincialismo, a marcare le distanze da questi pazzi di milanesi, un po' disumani e fanatici di progresso ed efficienza. Nel breve romanzo Luciano, disperatamente nostalgico della sua Maremma, delle partite a pallone, del bar, del mare, si sdoppia con un immaginario fratello che inizialmente pare aver le carte più in regola per salvarsi nella giungla metropolitana, ma il cui destino sarà, nei successivi anni sessanta, quello vero dello scrittore: non reggerà, si farà cacciare per "scarso rendimento", sfiorerà il successo con La Vita, poi sopravviverà, da povero, tra massacranti traduzioni, romanzi che susciteranno solo indifferenza e articoletti scritti solo per pagarsi cibo e sigarette. Poi la fine, prima dei cinquant'anni, solo.
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