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Io Khaled vendo uomini e sono innocente - Francesca Mannocchi - copertina
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Descrizione


Francesca Mannocchi, giornalista e documentarista che da molti anni si occupa di migrazioni e zone di conflitto, ci restituisce la sua voce. Le sue parole raccontano un mondo in cui la demarcazione tra il bene e il male si assottiglia.

«Mannocchi racconta le rotte dei migranti e la situazione libica attraverso la storia di un trafficante di uomini. Mannocchi scrive dal Libano, dall'Afghanistan, dalla Libira, dalla Siria e dall'Iraq per giornali italiani ed esteri» - Robinson

«Ci chiamano mercanti della morte, immigrazione clandestina, la chiamano. Io sono la sola cosa legale di questo Paese. Prendo ciò che è mio, pago a tutti la loro parte. E anche il mare, anche il mare si tiene una parte della mia mercanzia. Mi chiamo Khaled, il mio nome significa immortale. Mi chiamo Khaled e sono un trafficante».

Khaled è libico, ha poco più di trent'anni, ha partecipato alla rivoluzione per deporre Gheddafi, ma la rivoluzione lo ha tradito. Così lui, che voleva fare l'ingegnere e costruire uno Stato nuovo, è diventato invece un anello della catena che gestisce il traffico di persone. Organizza le traversate del Mediterraneo, smista donne, uomini e bambini dai confini del Sud fino ai centri di detenzione: le carceri legali e quelle illegali, in cui i trafficanti rinchiudono i migranti in attesa delle partenze, e li torturano, stuprano, ricattano le loro famiglie. Khaled assiste, a volte partecipa. Lo fa per soldi, eppure non si sente un criminale. Perché abita un Paese dove sembra non esserci alternativa al malaffare.
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Argomenti

Dettagli

2019
29 gennaio 2019
208 p., Brossura
9788806240905

Valutazioni e recensioni

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Riccardo
Recensioni: 5/5

Una lingua pregna di vita e dolore. Parole che ti penetrano nella carne, che bruciano lentamente menefreghismo e indifferenza verso un mondo che, seppur lontano da noi, ci è fin troppo vicino. La capacità di Francesca Mannocchi di raccontare la realtà con semplicità ma al contempo con vera e propria cognizione di causa, proprietà di linguaggio e tantissima sensibilità, ne fanno una poetessa di anime e vite intrinseche di disperazione e speranza. Un'opera che ti tortura durante tutta la narrazione, un lento e preciso lavoro di cesello che scava nella nostra anima, fino a bruciarla, romperla, torturarla. Poi, solo luce: verità e realtà. Nient'altro.

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twollico
Recensioni: 4/5

Quello dei migranti è un tema di stringente attualità. Francesca Mannocchi, giornalista soprattutto televisiva esperta dei luoghi da cui i profughi partono per arrivare in Europa alla ricerca di una vita possibile, ce lo presenta da una prospettiva del tutto inusuale. Nella drammatica filiera delle migrazioni, un ruolo ambiguamente centrale lo svolgono i “trafficanti di esseri umani”, coloro che organizzano le traversate. Proprio una di queste figure, Khaled, è il protagonista di questo libro-testimonianza, scritto in prima persona con lo stile del biopic, con l’obiettivo di dare voce a chi, nella catena della morte, è in parte il carnefice, e in parte una delle vittime. Una “maschera a due facce, ingannevole e affascinante”. Un libro duro e commovente insieme, che usa il prisma di Khaled per raccontare il contesto drammatico del Nordafrica nei suoi sottotesti meno pubblicizzati: la miseria, l’impressione di ricchezza realizzata grazie a una occupazione illegale ma in fondo necessaria, il terribile potere della strada, più forte di qualsiasi colletto bianco. Leggere questo libro è prima di tutto molto istruttivo; ci fa capire quanta approssimazione, in ogni direzione, vi sia nel discorso pubblico, fatto comodamente dai divani di casa nostra, sul tema degli sbarchi dalla Libia. Purtroppo la realtà è molto più complessa e stratificata rispetto alla rigidità delle nostre convinzioni, qualunque esse siano.

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Ilaria
Recensioni: 4/5

L’infanzia sotto il regime di Gheddafi, mellifluamente autoritario, con un senso continuo di paura. La giovinezza come rivoluzionario, in una guerra strana nella quale i sostenitori sono diventati i tuoi nemici, e tu sei passato dallo statuto del liberatore a quello del ribelle. Nella guerra libica del 2011 nulla è come sembra. Soprattutto, da fuori non si può capire. Infine il presente da trafficante di uomini; un po’ una scelta, un po’ una necessità. Un libro scritto senza edulcorare, con un protagonista immaginario, probabilmente un patchwork di tante persone incontrate dall’autrice nel corso dei suoi reportage dal Nordafrica, che tra sofferenza e giustificazioni ci restituisce, con un sommesso grido di dolore, l’impossibilità di essere davvero libero per un libico.

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Recensioni

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Voce della critica

«We came, we saw, he died». Era il 20 ottobre del 2011 e l’allora segretario di Stato americano, Hillary Clinton, commentava così la notizia della morte del Raìs libico, il colonnello Gheddafi. A distanza di nove anni dallo scoppio del conflitto, l’unica cosa certa è che il vento della rivoluzione che ha soffiato sulla Libia ha spazzato via il desiderio di libertà, trasformando uno dei Paesi più sviluppati del Medio Oriente e Nord Africa in Stato fallito. Francesca Mannocchi, reporter e documentarista, nel suo romanzo di esordio Io Khaled vendo uomini e sono innocente (195 pagine, 17 euro), pubblicato da Einaudi, nella collana Stile Libero, ci racconta il fallimento della rivoluzione araba del febbraio del 2011 che ha mutato la terra libica in crocevia del traffico di esseri umani dall’Africa sub-sahariana verso l’Europa.

Gli oppositori al regime di Gheddafi non hanno mai celebrato il “giorno della liberazione”, lo racconta in prima persona il protagonista del romanzo, la cui voce narra gli orrori dell’odierna Libia. Che ne è stato dei “rivoluzionari falliti”? Alcuni sono diventati trafficanti di esseri umani, come Khaled, il personaggio a cui è affidato il compito di mettere in luce le zone d’ombra di un Paese che vive tra caos e atrocità. Mannocchi sceglie di raccontare le radici profonde del traffico di uomini, un fenomeno complesso, e le racconta da un punto di vista diverso e scomodo, quello di chi si è adattato, a suo modo, ai mutamenti catastrofici del Paese.

I libici non hanno mai compreso fino in fondo il significato della parola «libertà»: la dittatura è rimasta nella loro testa. Sono «camaleontici», così li descrive Khaled: mutano pelle e si mimetizzano, ma le persone che riempivano la piazza nel febbraio 2011 non possono essere di colpo diventate tutte rivoluzionarie. «Ubriachi di libertà», dopo gli effetti passeggeri della sbornia, è rimasto il caos.

«…che ne sapevano noi della libertà, noi che non eravamo mai stati liberi, e proprio perché non eravamo mai stati liberi non sapevamo di essere schiavi»

Che fine hanno fatto le speranze di cambiamento, progresso e libertà dopo essere state tradite? Khaled, per esempio, è diventato uno scafista; ha continuato ad imbracciare un fucile non più per un ideale, ma per se stesso: in fondo vuole solo «guadagnare» i soldi necessari per acquistare una casa in Turchia, cosa importa se manda a morire donne e bambini.

I crimini commessi a sangue freddo sono stati scambiati per una rivoluzione, mentre la morte dei seguaci di Gheddaffi è stata considerata giustizia. Adesso porta avanti la sua personale rivoluzione, continuando a perpetrare nefandezze, omicidi e stupri, cercando alibi: «Almeno io non mi sono seduto in un ministero, tra i riciclati. Ho scelto il lavoro sporco, sono più onesto». Si arricchisce sulle spalle degli africani e dei siriani per necessità: è stato un combattente delle milizie di Misurata e ha visto morire in battaglia l’amato fratello, ma non ha voluto far parte della schiera di vincitori che hanno chiesto come risarcimento la poltrona in un ministero.

Francesca Mannocchi conosce bene la Libia e i cambiamenti che hanno attraverso un Paese ormai diventato campo di battaglia. Racconta due generazioni di libici a confronto, quella di Khaled e del padre a cui non perdona il suo essere stato camaleonte, tradendo amici e parenti, ma soprattutto la voglia di libertà e di democrazia di giovani che, alla fine, tra il bene e il male hanno scelto quest’ultimo.

«Resta poco e niente della rivoluzione, papà. E sai perchè? Perché i libici sono quasi tutti come te. Non sanno fare niente. Perché erano sudditi e adolescenti, e sono rimasti terrorizzati, come allora. Quindi, sì, papà, mando le persone ad attraversare il mare sui gommoni, ma mi sento più forte di te»

La scelta di Khaled è spacciata per eroismo perché ha deciso di restare nel suo Paese nonostante tutto. Se per il resto del mondo è un carnefice, in Libia, o almeno in una parte del Paese, è considerato un benefattore perché dà lavoro a chi piange miseria, a chi non ha soldi per acquistare un generatore (solo chi ha elettricità può sentirsi ricco). Si sente innocente, ma la sua coscienza dice altro: Fouzieh, la donna siriana di Homs che si è rivolta a Khaled per attraversare il mare, va da lui quasi ogni notte per turbare il suo sonno, con il piccolo figlio Bilal che non sa nuotare e non ha il salvagente. Un racconto straziante che costringe il lettore a guardare la vicenda da una nuova angolazione per comprendere un fenomeno che è molto più complesso di quello che vogliono farci credere. Dietro il racconto in prima persona del protagonista c’è la storia di un Paese che non è mai stato liberato, ma ha visto mutare lo stato di sudditanza. Un Paese che ha tradito le speranze fino ad anestetizzare l’anima di chi considera gli africani il vero oro nero della Libia e si arricchisce con il traffico di esseri umani. A Khaled non è mai piaciuto il mare, ma nella schiuma delle onde c’è la sua fortuna: la sua vita affonda nella sabbia del deserto, quel lembo di terra che scavano per estrarre petrolio, mentre i libici continuano a morire di fame.

Recensione di Arcangela Saverino

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Conosci l'autore

Francesca Mannocchi collabora da anni con numerose testate giornalistiche italiane ed estere. Ha realizzato reportage da Libia, Iraq, Siria, Libano, Egitto, Tunisia, Afghanistan. Ha vinto il Premio Giustolisi con un'inchiesta sul traffico di migranti e sulle carceri libiche e il prestigioso Premiolino 2016. Ha diretto con il fotografo Alessio Romenzi il documentario Isis, Tomorrow presentato alla 75a Mostra internazionale del Cinema di Venezia. Tra i suoi libri: Io Khaled vendo uomini e sono innocente (Einaudi, 2019), Se chiudo gli occhi... La guerra in Siria nella voce dei bambini (Round Robin Editrice, 2018).

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