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Anno edizione: 2011
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Album postumo, questo di Amy Winehouse, dal sapore malinconico, con pezzi che hanno fatto la storia della cantante volata via troppo presto all'età di ventisette anni. Basti pensare a Valerie o alla versione originale di Tears Dry, decisamente più bella in questa versione lenta e malinconica. Un disco che i fan adoreranno e ascolteranno con un pizzico di tristezza, pensando a quanto Amy avrebbe potuto ancora dare alla musica soul ma soprattutto alla musica mondiale.
“Lioness: Hidden Treasures“ è il terzo album di Amy Winehouse, senza dubbio una tra gli artisti più talentuosi, originali e più amati della musica degli ultimi decenni. L'album contiene 12 brani tra cui tracce mai pubblicate prima, versioni alternative di classici esistenti, così come un paio di nuove composizioni di Amy. “Lioness: Hidden Treasures” vuole essere un tributo all'artista, al suo talento e alla donna e un ricordo delle grandi doti di Amy come compositrice, cantante e interprete di grandi classici. A mio modesto parere uno dei cd migliori di Amy poiché sono state utilizzate sonorità innovative e più allegre rispetto ai dischi precedenti, sottolineate in alcuni tracce bellissime come "The girl from i Panema" e "Like smoke". Sono stata ancora più soddisfatta del mio acquisto vista la collaborazione in una canzone con Tony Bennett.
Il primo album postumo della cantante è più soul che mai, ma lascia l'amaro in bocca Ci voleva davvero un nuovo album di Amy Winehouse, dopo la sua morte? Non sarebbe bastato un sentito e consono tributo alla cantante bianca dalla voce nera, magari eseguito dalle personalità del mondo della musica più legate a lei? Niente affatto. L'Universal Music Group, casa discografica dell'artista deceduta nel luglio 2011, sulla scia del successo dell'album postumo di Michael Jackson pubblicato l'anno prima, ha deciso piuttosto di seguire le perverse logiche di mercato e di lanciare una raccolta di inediti della Winehouse, “dei tesori nascosti”, come recita il titolo. Ed ecco che, giusto in tempo per le vendite di Natale, il disco è uscito il 5 dicembre dello stesso anno, acclamato come un lavoro che Amy avrebbe fortemente desiderato far venire alla luce. Ma come possono dei pezzi incompiuti, pescati dagli archivi discografici e poi completati per l'occasione da produttori, come possono rappresentare una vera fatica discografica della famosa cantante soul inglese? Non è corretto parlare di un album vero e proprio, e nemmeno ci si dovrebbe riferire a Lioness: Hidden Treasures come ad un testamento artistico della Winehouse che, tragicamente, ci ha lasciati troppo presto. Certo, non si può discutere sulla qualità delle tracce che compongono il disco, arricchite dagli ottimi arrangiamenti di Salaam Remi e Mark Ronson, produttori di fiducia della chanteuse inglese; dal caldo reggae di Our Day Will Come, alla malinconica tristezza di A Song for You, la voce di Amy è un vortice di emozioni, una cascata di note musicali traboccanti di sentimenti, siano essi gioia, dolore o pentimento; un modo di cantare profondo e intenso, a metà tra il jazz dei vecchi tempi e il soul più moderno di Marvin Gaye o Billie Holiday. Insomma, la vera essenza della musica black c'è nell'album, e si sente: ma alla fine della dodicesima traccia, l'ascoltatore ha come l'impressione che l'incanto provato fino a pochi istanti prima sia cessato; ci si rende conto di quanto il mercato discografico speculi sui propri artisti, e del fatto che probabilmente Amy non avrebbe approvato la pubblicazione di brani scartati in vita da lei stessa: brani che forse sarebbero stati meglio negli archivi di uno studio di registrazione, nel rispetto delle sue decisioni. O forse no.
Recensioni
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