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Anno edizione: 2008
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Non c’è nome migliore che i quattro ragazzi del punk inglese (ormai uomini, ormai divisi artisticamente e ormai tre: Joe Strummer è scomparso nel 2002) potessero scegliere per definirsi, presentarsi, riassumersi. Sì, perché ascoltare una canzone come “London Calling”, il capolavoro assoluto dei Clash, è esattamente uno “scontro” (ovvero la traduzione del termine “clash”), un’esplosione, un travolgimento in un vortice che ti fa girare su te stesso e lentamente, entro 3 minuti e 19 secondi (la durata del brano), ti svincola. Da masochista pretendi di riascoltare quel pezzo, perché comunque non ti ha fatto male, ti ha solo rapito, stralunato e vuoi capirci di più. Che cos’era quello che ho sentito? Non era una normale canzone, era qualcosa di diverso. Puoi provare a comprendere e risentire più volte quelle seducenti chitarre potenti torturate, solcate, e quell’uomo che canta asfissiato e che trasforma la sua voce all’acme della disperazione in un garrito rauco di un gabbiano, ma tanto non capirai. Devi soltanto arrenderti all’amara realtà: ci sono menti divine, geni, persone superiori munite di una testa che tu non potrai mai avere, nemmeno con un corso di studi sulla cima dell’Olimpo, né con il massimo impegno, ardore e costanza. Per fortuna non tutte le canzoni dei Clash raggiungono il livello di “London Calling”, almeno così l’abisso tra noi comuni mortali e i superdotati si riduce un po’…Be’, battute a parte, questo è un vero peccato: gente valente deve dare sempre il meglio di sé, deve regalare forti emozioni senza sosta, perché c’è chi ne ha un grande bisogno per stare meglio, chi trova nell’arte una terapia per sanare le ferite dell’animo. Nella produzione dei Clash, va detto, ci sono anche molte creazioni un po’ ruvide, “scontrose”, che però sono assenti in questo live registrato il 13 ottobre 1982 allo Shea Stadium di New York, dove i Clash hanno suonato insieme agli Who e a David Johansen (lui non è inglese, è statunitense ed è conosciuto maggiormente per essere il cantante dei New York Dolls, gruppo glam rock) davanti a 50.000 persone. Per questo lo consiglio vivamente e lo reputo imperdibile come nessun altro cd della band. Questo lavoro contiene davvero il meglio griffato Clash (dal vivo i pezzi sono ancora più esplosivi, anche se la versione live di “The Magnificent Seven”, proposta su due tempi e separata da “Armagideon Time”, è un po’ troppo accelerata, senza dubbio bellissima, ma preferisco l’originale). C’è in esso tutta la passione e anche tutto l’impegno politico che ha sempre contraddistinto il gruppo inglese, quel senso di giustizia, quei sentimenti sinceri. Ci tengo a marcare l’aggettivo sincero perché, bisogna riconoscerlo, c’è grande differenza tra i pezzi di Strummer e soci e tra quelli degli artisti (spesso pseudo-artisti) del panorama musicale degli ultimi vent’anni che si spacciano per autori impegnati socialmente. Le canzoni dei più recenti musicisti del filone politico sono in realtà sterili, sono brani in cui si grida ai capi di Stato solo per offendere, mettersi in mostra e ritornare in auge se si era in declino. Per essere di nuovo di moda si prova di frequente a giocare la carta della politica e, purtroppo, si vince. Il pubblico cade in inganno e ciò succede perché ci si lascia influenzare, ci si fida del giudizio altrui senza valutare con la propria testa. Credo che l’unico modo per smascherare questi scaltri incompetenti sia fare ascoltare la musica di ieri per permettere di paragonare il presente con il passato e notare così che le canzoni “politicamente impegnate” di oggi sono distanti anni luce per creatività, cuore, emozione ed eleganza dal tipo di musica dei leggendari (perlomeno in patria. In Italia sono ancora piuttosto irrilevanti, ancora di nicchia) The Clash, sia nei suoni che nelle parole: i testi sono di una banalità sconfortante, si ripetono sempre gli stessi slogan senza neanche sforzarsi di cambiare le rime. Ma se ad osannarli ci si mettono a volte anche i critici (perché la parola d’ordine è vendere) chi sponsorizzerà più i dischi del passato che erano di qualità superiore ed ingentilivano gli animi? Chi farà “scontrare” le nuove generazioni con i Clash? “London calling”, but nobody answers…
Questo live incornicia i Clash nel momento di loro massimo fulgore,quando disegnavano percorsi musicali da seguire ed imitare. di li a poco la band avrebbe raggiunto il capolinea, ma i loro semi avrebbero fatto nascere fior fiore di artisti e proseliti. Se ancora oggi sono un gruppo culto in tutto il mondo i motivi sono rintracciabili in un cd come questo
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