La macchia umana

Coleman Silk è un professore dell'ateneo di Athena del New England. A pochi anni dalla pensione, viene accusato di razzismo, per una frase mal interpretata. Lui, affossato dai pettegolezzi, lascia la cattedra e si ritrova solo, abbandonato dai colleghi, dagli amici e dalla famiglia e con un grande segreto che porta con sé da tutta la vita. Ambientato ai tempi di Clinton e di Monica Lewinsky, al suo amico scrittore Nathan il compito di rimettere assieme i pezzi della vita di Coleman. Ne scaturisce un romanzo con numerosi spunti di riflessione, sul razzismo, l'ipocrisia, il senso della sconfitta e, soprattutto, la menzogna (atta soprattutto a screditare gli altri per emergere).

La ricostruzione psicologica dei personaggi lascia meravigliati. Di tutti i personaggi. Non ce n'è uno, in questa storia, che non abbia una sua dignità, una sua autonomia, una sua verità fattuale, per fortuna, e non assoluta come possono permettersela soltanto le idee disincarnate. Più che una storia, questo libro offre degli incontri. Se uomini e donne sono macchie sbavate inemendabili, preferisco immaginarmele non come quelle che i pescatori psicopatici formano su un lago ghiacciato a guardarli dall'alto, ma come quelle nere sull'oro del pelame di un leopardo in corsa, sempre troppo veloci per poterle circoscrivere del tutto.

Questo romanzo spiega benissimo perché Roth è considerato uno dei massimo autori del 900 americano. Ci troviamo di fronte alla storia di Coleman Silk, uomo rispettato ed ammirato, che lascerà la sua cattedra universitario per un'accusa di razzismo, pretestuosa ed ingiusta. Nel corso del romanzo sarà svelato un grande e importante segreto, che sconvolgerà il lettore, così come a sconvolgere sono il perbenismo e il conformismo esasperato che la società americana dimostra di possedere nel corso del romanzo. È un grande romanzo, capace di farvi emozionare ed indignare come solo i grandi romanzi sanno fare. Roth, come sempre, è una garanzia.