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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2015
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Sullo sfondo di una Napoli e di un Italia del Dopoguerra, una storia autobiografica ed avvincente che scava nel profondo il rapporto problematico ed a volte tragico tra l'individualità ed il far parte di un'organizzazione politica. Da leggere assolutamente. Imperdibile.
Il libro più bello e sentito di Ermanno Rea, formidabile scrittore da poco scomparso. Potremmo definirlo una sorta di diario, nel quale viene raccontata la vita di Francesca Spada, giornalista e militante comunista e del suo rapporto problematico con il P.C.I napoleano del dopoguerra. Attorno a Francesca si muovono gli altri protagonisti della vicenda: La piccerella, Caccioppoli, Napolitano, Amendola. Un libro bellissimo, affascinante, poetico. Mai banale, mai lento. Un vero e proprio capolavoro della letteratura napoletana del 900. Consigliato vivamente.
Ermanno Rea è scomparso a settembre. Non avevo mai letto nulla di questo autore. Così ho acquistato "Mistero Napoletano" (pubblicato per la prima volta nel 1995). Il libro si propone di indagare le ragioni che, il giorno di Venerdi Santo del 1961, spinsero una giovane donna, Francesca Spada, giornalista presso la redazione di Napoli de l'Unità, sposata con un giornalista dello stesso giornale, madre di 4 figli (due avuti da una precedente relazione) a togliersi la vita. Sullo sfondo c'è la storia di Napoli nel dopoguerra. Il porto "occupato" dalle navi della sesta flotta americana. Achille Lauro sindaco della città. La "questione meridionale". I temi della guerra e della pace. E poi, soprattutto, c'è la storia del partito comunista napoletano di quegli anni. I dirigenti stalinisti. Quelli che sarebbero diventati leader nazionali (tra cui Amendola e Napolitano) che giocano ruoli un po' opportunistici. E molti, marxisti 'puri' che vedevano nel partito lo strumento per cambiare la società. Tra questi Francesca, suo marito Renzo Lapiccirella, il matematico Caccioppoli (cui Martone ha dedicato, qualche anno fa, il suo primo film). Malgrado la lunghezza, il libro si fa leggere. Perchè Rea scrive davvero bene. Egli guarda con affetto a questa donna anticipatrice dei tempi, che difende la propria dignità e finisce probabilmente per credere che il suo togliersi di mezzo (in modo anche 'esibito') sia l'unico modo per restituire serenità al proprio marito che le vicende di partito avevano visto trasferito alla sede centrale de l'Unità a Roma pur di mandarlo via da Napoli. La trama, ovviamente, nulla dice davvero del libro. Il suo pregio sta nei ritratti di tanti personaggi: protagonisti e comparse; eroi e mediocri. E nello spaccato di una città. Che forse non è solo di quella città. L'autore conclude la sua indagine con queste parole: "Mi sento come un uomo appena sbarcato in un porto dopo aver attraversato una spaventosa tempesta. Le tempeste sono una ricchezza immensa (quando, naturalmente, non sono una perdita irreparabile): insegnano grandi verità. Per esempio che ognuno di noi vale le storie che si porta dietro, e non dico soltanto le storie materiali, ma anche quelle della propria immaginazione e del proprio sentimento; le storie della propria travagliata maturazione". Forse per l'autore narrare l'abisso in cui cadde Francesca Spada ha avuto un ruolo catartico. Mi par di poter dire che egli riesca a trasferire questa sensazione anche al lettore. Nella certezza che Francesca narrerebbe una storia diversa. Che resterà avvolta nel mistero.
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