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Anno edizione: 2016
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La vicenda si svolge nel tardo inverno 1944: per cercare di resistere e rimandare una sconfitta ormai imminente Hitler arruola anche i bambini o poco più. Walter e Fiete sono due diciassettenni che lavorano in un fattoria nel nord della Germania. Vengono arruolati a tradimento dalle Waffen-SS, durante una festa da ballo, non avendo possibilità alcuna di rifiuto pena la morte. Ma mentre Walter, a cui l’unica cosa che interessa è evitare i guai e sperare che il soldato Ivan faccia in fretta, viene relegato nelle seconde linee, Fiete viene gettato nel pieno orrore del conflitto in prima linea e alla prima occasione tenterà la fuga ma verrà catturato e accusato di diserzione verrà condannato a morte. Un piccolo capolavoro, una prosa lineare e limpida, e un’inimitabile delicatezza nell’affrontare una tematica dolorosa. Con semplicità e grande maestria, l’autore tedesco racconta la storia di un’amicizia profonda che vive gli orrori della guerra, che conosce la follia della violenza e il dolore della perdita, e che lotta per sopravvivere.
La Germania nazista è alla fine ma manda i ragazzini a morire al fronte. Walter e Fiete , 17 anni, mungono mucche ma finiscono in Ungheria. Walter fa l’autista, Fiete finisce al fronte, diserta, è catturato e condannato a morte. Nel plotone d’esecuzione c’è Walter. Il figlio di Walter si interroga sui silenzi del padre consumato da interrogativi che non è mai riuscito a tradurre in parole. Cosa avremmo fatto noi al posto di Walter o di Fiete o di quelli rimasti a casa ma non per questo risparmiati dagli orrori della guerra? Cosa faremmo, se fossimo in guerra? Perché di Walter e Fiete ce ne sono ogni giorno di ogni anno. Rothmann non esprime giudizi, usa una lingua spoglia, realistica, che non ci risparmia nulla, eppure non è mai iperbolica, anzi nella misura di una esposizione quieta e precisa sta la sua violenza, la sua forza. Non c’è pathos, ma d’un tratto in quel lazzaretto ci siamo noi, ci siamo noi su quella BMW alla ricerca della tomba del padre morto nella stessa guerra, siamo noi a vedere quello che non sapremmo raccontare. Fiete riporta la teoria secondo cui le cellule hanno la memoria e quindi ai nascituri passeranno anche le sensazioni: il proiettile ferirà non solo il soldato ma anche i suoi figli non ancora nati. E Walter, disperato, chiede cosa erediteranno i figli di quelli che hanno sparato. Un grande monito, questo romanzo: non c’è nessuno che esca salvo dalla guerra, non c’è futuro che non porti segni dell’orrore, anche se continuiamo a fare finta di non vederli
La trama mi è piaciuta molto, ma credo che per l'ambientazione ed il tipo di storia andava dettagliata un po' di più. A volte si fa fatica a seguire il filo del racconto.
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