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Anno edizione: 2018
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Vincitore del Premio letterario Giuseppe Berto 2019
Un romanzo di formazione lucido e a tratti febbrile, che ha il ritmo di una corsa tra le leggi agrodolci della vita e i chiaroscuri dell'innocenza
«Con una lingua incalzante, sonora, intessuta di tenerezza, firma il suo esordio, un romanzo di formazione lucido e a tratti febbrile, che ha il ritmo di una corsa tra le leggio agrodolci della vita e i chiaroscuri dell'innocenza» - Robinson
Amoresano vive a Napoli, ha trent'anni e non ha ancora trovato il suo posto nel mondo. Le sue giornate passano lente, tra la vita con i genitori, le partite del Napoli, le serate con l'amico Russo e la ricerca di un lavoro. Dopo l'ennesimo, grottesco colloquio, decide di dare fondo ai suoi risparmi e di farla finita. Un giorno, però, incontra una bellissima ragazza e se ne innamora. Questo incontro riaccende i suoi desideri e le sue speranze: vivere, essere felice, scrivere. E incontrare Raffaele La Capria, il suo mito letterario. Ma l'amore disperde ancora più velocemente energie e risorse, facendo scivolare via, un centesimo dopo l'altro, i desideri ritrovati e le speranze di una vita diversa. Alessio Forgione racconta una Napoli afosa e livida di pioggia, cinerea come la Hiroshima del film. E con una lingua incalzante, sonora, intessuta di tenerezza, firma il suo esordio, un romanzo di formazione lucido e a tratti febbrile, che ha il ritmo di una corsa tra le leggi agrodolci della vita e i chiaroscuri dell'innocenza.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ho letteralmente divorato queste pagine, perché l’autore ha avuto la capacità, grazie alla sua scrittura fluida e incisiva, di portarci una storia attualissima, estremamente vera e drammatica che fa riflettere. Amoresano ha quasi trent’anni, non ha risposte alle sue domande e sta ancora cercando di capire quale sia il suo posto nel mondo. Vorrebbe scappare da Napoli, ricominciare in qualche posto lontano, ma non prende mai l’iniziativa. Desidera innamorarsi, desidera che le sue giornate vengano stravolte da qualcosa o qualcuno e quando questo accade si fa travolgere inaspettatamente. Non si può non entrare in empatia con Amoresano, da una parte lo si comprende e dall’altra si disapprova, non si può fare a meno che mettersi nei suoi panni e lasciarsi travolgere da ciò che gli accade. Si sente inadatto alla vita, al vivere, al lottare veramente fino in fondo per quello che desidera essere o diventare. Ha un pensiero costante, la cifra di quello che gli rimane sul conto bancario, come se il valore di una persona dipendesse solo da quello.
Amoresano ha quasi trent’anni, non ha risposte alle sue domande e sta ancora cercando di capire quale sia il suo posto nel mondo. Vorrebbe andar via da Napoli, ricominciare in qualche posto lontano, ma in fondo non prende mai l’iniziativa. Desidera più bellezza nella sua vita, desidera che le sue giornate vengano stravolte da qualcosa o qualcuno e quando questo accade si fa travolgere inaspettatamente. Non si può non entrare in empatia con Amoresano, da una parte lo si comprende e dall’altra si disapprova, non si può fare a meno che mettersi nei suoi panni e lasciarsi travolgere da ciò che gli accade. Si sente probabilmente inadatto alla vita, al vivere, al lottare veramente fino in fondo per quello che desidera essere o diventare. Ha un pensiero costante, la cifra di quello che gli rimane sul conto bancario, come se il valore di una persona dipendesse solo da quello. Ho letteralmente divorato queste pagine, perché l’autore ha avuto la capacità, grazie alla sua scrittura fluida e incisiva, di portarci una storia attualissima, estremamente vera e drammatica che può solo far riflettere, guardarci e guardare chi ci sta accanto con più attenzione e con meno superficialità.
È incredibile come certi libri arrivino proprio nel momento in cui se ne sente il bisogno e, come una madre amorevole pone una coperta calda sul figlio abbandonatosi al sonno, anche loro sanno scaldare e confortare allo stesso modo. "Napoli mon amour" ha saputo cancellare il frastuono delle voci estranee facendomi sentire non più sola ma parte di un tutto, giustificando le mie piccolezze e le mie grandezze, tutte le stupidaggini e gli amori e le amicizie sbagliate, le urla, le risa, i soldi spesi, i pianti, i treni presi e quelli persi, tutte le paure e i disperati pensieri che ne conseguono
Recensioni
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“Napoli mon amour”, del napoletano Alessio Forgione, edizioni NN, si è incuneato, con i suoi riferimenti geografici e letterari, nel mio vissuto. Me lo sono sentito cucito addosso e non me ne sono sorpresa perché con certi libri è da subito una questione personale. Lo è con quelli che non scegli ma ti scelgono, magari utilizzando, a mo’ di richiamo, il nome delle tua città nel titolo.
Impossibile, infatti, resistere alla curiosità di vedere Napoli attraverso la scrittura di Forgione (qui la nostra intervista), di comparare l’amore che lui le dichiara a quello che le riservo io, di verificare come abbia gestito un soggetto dalla personalità tanto dirompente.
Tra le maglie del sentimento privato resta comunque uno spazio di oggettività in cui, nel commentare il romanzo, conto di muovermi riflettendo se e come “Napoli mon amour” possa parlare anche a chi non conosca il mio quartiere d’origine, non abbia mai messo piede al centro storico e mai fatto un bagno a Procida, o a chi non consideri Ferito a morte e Mattatoio n. 5 quasi testi sacri.
Amoresano ha trent’anni. Due lauree. Abita con i genitori a Soccavo, periferia ovest del capoluogo campano. Mollato un frustrante lavoro sulle navi, ha poco più di duemilacinquantatré euro di tempo, il residuo dei suoi risparmi bancari, per trovare un nuovo impiego e riformulare in modo più soddisfacente la sua vita. Tra un improbabile colloquio di lavoro e l’altro, procrastinando quotidianamente la decisione di trasferirsi all’estero, scrive racconti e incontra la donna del cuore. Abulia, aspirazioni letterarie e amore. Un mix che può essere tanto un propellente quanto un fardello. Quale dei due per Amoresano, lo si scopre solo nell’ultima pagina del romanzo.
Bravo Forgione a gestire i rischi presi nel raccontare questo frammento di autobiografia che affidata, nella finzione, all’interpretazione del suo alter ego Amoresano.
Bravo nell’aver dato a Napoli uno spazio originale, lontano dal registro di Saviano, della Ferrante o di de Giovanni. La sua città non è né inferno, né matrigna, né scenario folcloristico. Piuttosto è sovrastruttura ideologica, porta d’accesso e d’uscita dalla realtà, unica prospettiva da cui gli è possibile decodificarla.
Bravo per come ha pagato il tributo di devozione a La Capria, suo mito letterario. Tirarlo dentro la storia sarebbe stato un passo falso se avesse ceduto anche di un millimetro alla idealizzazione. Gli è riuscito, invece, un cammeo equilibrato, essenziale, che colloca nell’appropriata cornice d’intimità l’incontro, realmente avvenuto, tra il maestro e l’aspirante scrittore.
Bravo per non aver censurato le scene di sesso tra il protagonista e la sua ragazza. Il desiderio carnale è parte di una relazione. Non calcare sull’erotismo e non scadere nel pornografico, restare composti e scriverne così come i rapporti fisici accadono, con naturalezza, non è facile né scontato: a lui è riuscito bene.
Forgione, che in certi passi mi ha ricordato John Fante del superbo Chiedi alla polvere, sebbene lui non lo nomini tra i suoi numi, ha la testa dello scrittore di razza. Niente è finzione. Tutto è solo – si fa per dire – narrazione.
Il suo Amoresano è un personaggio spigoloso, non immediatamente simpatico eppure, pagina dopo pagina, conquista fino a creare dipendenza dalle sue fantasie, dalla peculiare interazione con la città, dall’umore umbratile, dal tono asciutto che usa. Un’economia di parole che somiglia alla sua ossessione per il risparmio. Nell’un caso come nell’altro non avarizia ma parsimonia, decisamente non vizio bensì virtù, azzeccata cifra stilistica.
Nella prefazione al suo ultimo libro Feel Free, Zadie Smith dice: «La scrittura esiste all’intersezione di tre elementi precari e incerti: la lingua, il mondo e io». Romanzo generazionale o meno, non è rilevante. Importa che l’intersezione disegnata da Forgione sia originale e soprattutto appassionante non solo per chi parla un italiano essenziale con contaminazioni dialettali, non solo per chi vive a Napoli, non solo, infine per i trentenni che si sentono sospesi come Amoresano. Napoli mon amour è un ottimo lavoro.
I Magnificat possono rivelarsi più infidi delle stroncature, soprattutto per un esordiente. Comprenderà quindi, l’autore, le ragioni per cui ho preferito l’aggettivo ottimo in luogo del più insidioso eccellente.
Recensione di Antonietta Molvetti
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