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Un viaggio per la sopravvivenza, ripercorrendo a ritroso il cammino che un tempo costituiva l'Hippie Trail. Un'odissea che inizia con la fuga dall'Afghanistan, passando per Pakistan, Iran, Turchia e Grecia, fino all'approdo in Italia. Un cammino dove si accumulano “tutta la fatica, la sabbia del deserto, la polvere delle strade e la neve delle montagne, il sale del mare e la calce di Esfahàn, le pietre di Qom e i residui delle fogne di Quetta.” La storia vera di un ragazzino Enaiat che fa commuovere ed emozionare; un inno alla vita per il coraggio e la forza d'animo: “Mi è venuta fame, ma non ho chiesto cibo. Mi è venuta sete, ma non ho chiesto acqua.” con l'augurio “Che la tua vita sia lunga come quella degli alberi.”
Ottimo libro di formazione per ragazzi! La storia è veramente toccante, a tratti cruda ma è necessario conoscerla per comprendere le difficoltà di chi sceglie o meglio è obbligato a lasciare il proprio paese in cerca di una vita migliore. Il libro e scritto in maniera molto chiara e semplice, proprio questo due caratteristiche consentono al meglio di comprendere lo stato d’animo del giovane protagonista. Molto interessante anche le parti in corsivo che rappresentano il dialogo tra il protagonista e l’autore. Da leggere
toccante, delicato, profondo e decisamente credibile.. ottimo per chi ancora non ha capito cosa significhi davvero emigrare. Forse un pò commerciale ma comunque molto bello da leggere
Recensioni
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Devo fare una premessa. Ho una passione smodata per i romanzi che hanno come protagonisti ragazzini scombinati. E più sono raccontati dalla loro stessa voce, più mi piacciono. Per questo trovo particolarmente difficile mostrare distacco da “Nel mare ci sono i coccodrilli”.
Storia di un viaggio, come piace a noi. Un viaggio verso la libertà (e ci piace un po’ meno…). Un viaggio troppo di moda, di questi tempi. Fatto di abbandoni, violenza, sacrifici, miseria. Ma che, dagli occhi di un bambino, lascia trasparire tutta l’umanità di una condizione disumana. Il dolore diventa opportunità. I sogni devono vincere contro il male.
Enaiatollah scappa dalla violenza di un paese che per lui non ha futuro. In realtà è obbligato a scappare dal più grande e contraddittorio gesto d’amore della madre: l’abbandono. Mercanti di schiavi, corruzione, amicizie brevi e fugaci. La morte sempre troppo vicina. Destini che si incrociano, quelli di chi fugge. Pochi raggiungono la meta. Pochissimi, la libertà.
E non bastasse l’intero racconto a stimolare delle domande, a riflettere su questioni tanto attuali, soffermatevi sulle ultime pagine; sul perché Enaiatollah non sarebbe potuto restare a casa sua… sull’articolo del bambino-talebano-boia.
E’ del 2010, il romanzo; e tutto lascia supporre che sia una storia vera. Più che vera.
La storia, quella raccontata, di molti altri Enaiatollah. Troppi altri.
Sarebbe forse utile che libri come questo si leggessero di più. Forse impareremmo che quella storia che ‘fare di tutta l’erba un fascio’, benchè estremamente comoda, non è sempre la soluzione più opportuna. Si chiama umanità. Si chiama civiltà.
Ah, una raccomandazione: già che ci siete, accompagnate la lettura con l’ascolto di Stiamo tutti bene di Mirkoeilcane!
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