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Il nero e l'argento - Paolo Giordano - copertina
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nero e l'argento

Descrizione


È dentro le stanze che le famiglie crescono: strepitanti, incerte, allegre, spaventate. Giovani coppie alle prime armi, pronte ad abbracciarsi o a perdersi. Come Nora e suo marito. Ma di quelle stanze bisogna prima o poi spalancare porte e finestre, aprirsi al tempo che passa, all'aria di fuori. "A lungo andare ogni amore ha bisogno di qualcuno che lo veda e riconosca, che lo avvalori, altrimenti rischia di essere scambiato per un malinteso". È così che la signora A., nell'attimo stesso in cui entra in casa per occuparsi delle faccende domestiche, diventa la custode della loro relazione, la bussola per orientarsi nella bonaccia e nella burrasca. Con le pantofole allineate accanto alla porta e gli scontrini esatti al centesimo, l'appropriazione indebita della cucina e i pochi tesori di una sua vita segreta, appare fin da subito solida, testarda, magica, incrollabile. "La signora A. era la sola vera testimone dell'impresa che compivamo giorno dopo giorno, la sola testimone del legame che ci univa. Senza il suo sguardo ci sentivamo in pericolo".
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Dettagli

2014
6 maggio 2014
118 p., Rilegato
9788806221614

Valutazioni e recensioni

2,74/5
Recensioni: 3/5
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Adriana Rosas
Recensioni: 4/5

E' il primo libro di Paolo Giordano che leggo: non ho letto l'osannatissimo romanzo La solitudine dei numeri primi (perché diffido dei libri che vincono premi letterari!) e quindi il mio non è un giudizio comparativo sulle opere di questo giovane scrittore, ma solo su "Il nero e l'argento". E' una storia interessante e intelligente, anche se apparentemente banale, una storia che aiuta a riflettere, senza annoiare, sulla difficoltà della vita quotidiana in coppia (grandiosa la parte dedicata alla divisione dei ruoli all'interno delle coppie d'oggi!) e dell'essere genitori, ma - soprattutto - sulla incapacità di comprendere la malattia, l'amore e i miracoli che la malattia e l'amore producono. E' una storia narrata con uno stile leggero e immediato, con alcune pagine molto poetiche: un libro scritto molto bene. Nel complesso è un bel libro, apparentemente triste, ma sostanzialmente pieno di speranza, oltre che di tenerezza, perché alla fine non è la morte a trionfare, ma la vita: il bambino che pronuncia a voce alta il nome (mai rivelato prima) della persona morta che tanta importanza ha avuto nella vita sua e dei suoi genitori ci dice che quella persona continua ad essere presente e ad agire su coloro ai quali ha voluto bene!

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Sergio Pancaldi
Recensioni: 2/5

Da Paolo Giordano pubblicato da Einaudi mi sarei aspettato decisamente di più. Un buon esercizio di stile, ma poco altro. Peccato.

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Patty
Recensioni: 2/5

Questo libro per me è stata una grande delusione. La storia non è coinvolgente ed i personaggi scompaiono all'ombra della storia della malattia della signora A... Non lo consiglierei.

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Recensioni

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La recensione di IBS

Cambia voce Paolo Giordano e cambia soprattutto tono. Cambia ambientazione e persino casa editrice, passando da Mondadori ad Einaudi. Il linguaggio si fa più ricercato, le descrizioni più intimistiche, il focus si concentra su piccole e apparentemente insignificanti vicende familiari, tra le cui pieghe scorrono sentimenti inespressi e malcelati. Dopo il successo anche cinematografico del suo romanzo d’esordio, La solitudine dei numeri primi, vincitore del Premio Strega e del Premio Campiello Opera prima nel 2008, e dopo il ritorno alle stampe, nel 2012, con Il corpo umano, che voleva essere un’occasione, forse mancata, per descrivere la vita quotidiana dei soldati italiani in Afghanistan, Paolo Giordano cambia decisamente rotta e con Il nero e l’argento decide di dare alle stampe un romanzo breve, scritto per la prima volta in prima persona.
La voce narrante di questa storia è un giovane professore universitario, un fisico, sposato da qualche anno con Nora, un’arredatrice d’interni e padre di un bambino, Emanuele. La storia parte con il racconto della difficile gravidanza di Nora per raccontare l’ingresso in questa giovane famiglia borghese della signora A., un’anziana governante. La signora A. resterà in famiglia anche dopo la nascita del bambino e per tutti gli anni della sua infanzia, partecipando come un testimone silenzioso eppure autorevole, al menage familiare.
A colpire il lettore nella descrizione della vita di questa giovane coppia e della loro governante, è il vuoto e l’abulia di questi ragazzi, che trascinano le loro vite giorno dopo giorno senza dimostrare la minima capacità di modificarne il percorso, forse perché assuefatti dalle loro comode abitudini. La signora A. porta invece all’interno di questo microcosmo asfittico, in cui il padre tende a estendere anche alla vita privata la logica rigorosa del ragionamento matematico, una ventata di umanità. Le pantofole consumate, la cucina della tradizione, l’attaccamento morboso al denaro, il pettegolezzo, tutto quello che una famiglia di elevata estrazione sociale non comprende e non contempla viene introdotto dalla governante.
Con lei arrivano gli abbracci, i racconti e i perdoni a un bambino, Emanuele, lasciato per la maggior parte del tempo a fare compagnia a se stesso. Babette, come viene ribattezzata, con il passare degli anni diventa parte integrante della famiglia, sostituendo di fatto la figura della nonna, senza che per altro i due ragazzi si siano mai veramente interessati alla sua vita privata, alla sua famiglia e ai suoi amici. Poi un giorno, improvvisamente, la signora A., la loro Babette, dà le dimissioni e non si presenta più al lavoro. Una defezione che viene vissuta come un trauma, un abbandono, ma alla quale la giovane coppia non sa reagire. Solo dopo molti giorni si scoprirà la verità sulla signora A.: ha lasciato il lavoro per combattere una terribile malattia, il cancro ai polmoni.
L’emergere della malattia di Babette, farà emergere allo stesso tempo anche la malattia della coppia, la solitudine. Sarà l’incapacità di reagire e di esprimersi ma anche la distanza siderale che pian piano si creerà tra i protagonisti di questa storia a infettare, con il suo umor nero, le pagine di questo romanzo. Il nero è il colore del cancro, così com’è nero lo spirito del giovane protagonista di questa storia. Tra le mani, per affrontare meglio la malattia della signora A., ha un bellissimo libro di Siddhartha Mukherjee, L’imperatore del male, pubblicato da Neri Pozza e scritto da un medico indo-americano. È una biografia del cancro, la storia sociale della sua lunga epopea e dei suoi numerosi disastri tra le popolazioni del mondo. Tra queste righe si legge un curioso accostamento che il medico Galeano fece tra il cancro e la malinconia, entrambi originati da un eccesso di umor nero. Forse è questo che lega così fortemente il protagonista di questo romanzo alla figura di Babette, e forse è questo stesso elemento quello che lo allontana da sua moglie Nora. La linfa di Nora scorre chiara, limpida e copiosa a dispetto di tutto, la sua vitalità sembra inesauribile, nulla, neppure il dolore, sembra essere assimilato come un dato definitivo nella sua vita. Lui è il nero, lei è l’argento. E forse i loro umori non si mescoleranno mai.

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Conosci l'autore

Paolo Giordano

1982, Torino

Nell'anno accademico 2006-2007, ha conseguito la laurea specialistica in fisica delle interazioni fondamentali presso l'Università degli studi di Torino. Ha vinto una borsa di studio per frequentare il corso di dottorato di ricerca in fisica delle particelle, presso la Scuola di dottorato in Scienza e alta tecnologia del medesimo ateneo. È autore del romanzo La solitudine dei numeri primi (Mondadori, 2008 - Premio Campiello Opera Prima, Premio Fiesole Narrativa Under 40 e Premio Strega 2008).Un suo racconto è incluso nell'antologia Dignità! Nove scrittori per Medici Senza Frontiere (Feltrinelli 2011).Tra gli altri suoi romanzi ricordiamo Il corpo umano (Mondadori 2012),  Il nero e l'argento (Einaudi 2014) e Divorare il cielo (Einaudi 2018).La solitudine...

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