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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2017
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Non lasciarmi è prima di tutto una grande storia d'amore. È anche un romanzo politico e visionario, dove viene messa in scena un'utopia a rovescio che non vorremmo mai vedere rea-lizzata. È uno di quei rari libri che agiscono sul lettore come lenti d'ingrandimento: facendogli percepire in modo dolorosamente intenso la fragilità e la finitezza di qualunque vita.
«Un romanzo meraviglioso, il migliore che Ishiguro abbia scritto dai tempi del sublime "Quel che resta del giorno"» – The Washington Post
Kathy, Tommy e Ruth vivono in un collegio, Hailsham, immerso nella campagna inglese. Non hanno genitori, ma non sono neppure orfani, e crescono insieme ai compagni, accuditi da un gruppo di tutori, che si occupano della loro educazione. Fin dalla piú tenera età nasce fra i tre bambini una grande amicizia. La loro vita, voluta e programmata da un'autorità superiore nascosta, sarà accompagnata dalla musica dei sentimenti, dall'intimità piú calda al distacco piú violento. Una delle responsabili del collegio, che i bambini chiamano semplicemente Madame, si comporta in modo strano con i piccoli. Anche gli altri tutori hanno talvolta reazioni eccessive quando i bambini pongono domande apparentemente semplici. Cosa ne sarà di loro in futuro? Che cosa significano le parole «donatore» e «assistente»? E perché i loro disegni e le loro poesie, raccolti da Madame in un luogo misterioso, sono cosí importanti?
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Avevo già letto un romanzo di Ishiguro ovvero Quel che resta del giorno e mi ero innamorata totalmente della sua scrittura, scorrevole e dolce, dalle descrizioni incantevoli e molto comunicative ma Non lasciarmi mi ha deluso. La trama potenzialmente forte ma forse intrecciata nel modo sbagliato. Ho trovato questo romanzo lento, noioso e poco emozionante. Lascia qualcosa dopo aver terminato la lettura perché le tematiche sono importanti e fanno riflettere ma resta il fatto che annoia e non ti porta a girare le pagine vorticosamente
Ho sempre sentito opinioni entusiasmanti su Kazuo Ishiguro e avevo già da tempo intenzione di affrontare la sua opera. "Non Lasciarmi" è il libro che è stato scelto dal club di lettura al quale faccio finta di andare di tanto in tanto, così, alla fine, mi sono deciso. Rimanendone, se non deluso, diciamo quasi indifferente. Non conosco le altre opere di Ishiguro, ma, di certo, questo "Non Lasciarmi" non mi sembra un romanzo di chissà quale grande statura letteraria. A dire il vero, non mi sembra neppure un romanzo, ma giusto una novella allungata e annacquata per raggiungere le duecento e rotti pagine d'ordinanza. Né più, né meno. La premessa "distopica" è al limite del ridicolo e sa di stantio: roba che sarebbe stata avveniristica negli anni Quaranta e Cinquanta, ma che adesso non fa più né caldo né freddo a nessuno. Tra l'altro, questa imbarazzante acrobazia pseudo-fantascientifica è quasi del tutto inutile ai fini della trama. L'elemento distopico del romanzo avrebbe potuto tranquillamente funzionare se i protagonisti fossero stati semplici orfanelli. Infatti, si poteva tranquillamente immaginare un mondo dove gli orfani e i diseredati vengano cresciuti come "serbatoi di organi di riserva" per coloro che, nella società, svolgono invece il ruolo di produttori/consumatori. Non sarebbe cambiato assolutamente nulla della trama e, al contrario, magari una storia senza i cloni e con gli orfani avrebbe potuto essere l'occasione per certe riflessioni economo-social-politiche (corpi umani come merce di scambio, il potere d'acquisto, eccetera). Invece, Ishiguro ci propina una storia assolutamente inverosimile, quindi innocua, su clonazioni avveniristiche e intere micro-comunità di cloni, ma senza entrare nello specifico, senza rivelare dove vengano prodotti, questi cloni, o come. Dove si trovano i soldi per clonare tutta quella gente? E le operazioni, i trapianti, li paga la mutua? Non si sa, tant'è che la clonazione, in questo romanzo, è un dato di fatto, che non viene spiegato, né messo in discussione e che non serve a niente. Se si voleva utilizzare il pretesto della clonazione per esaminare i limiti, le possibilità, forse anche la crisi del concetto di umanità, allora ci sarebbero voluti dei personaggi all'altezza del compito, la rivelazione crudele di inquietudini profonde, dialoghi esistenzialistici. Non dico che ci sarebbe voluto un Jean-Paul Sartre, per carità, ma già una penna più fisica, corrotta e maledetta come quella dell'Houellebecq delle "Particelle Elementari" o della "Possibilità di un'Isola" ci avrebbe fatto la sua figura. Ishiguro, però, è troppo per bene, troppo middle-class, troppo vittoriano, troppo stucchevolmente inglese per permettersi certe sbavature, certe crudeltà. Così, finisce con lo scrivere una storia che è sì di cloni ma, paradossalmente, quasi incorporea, senza fisicità -- senza carne e senza sangue, senza neppure le provette. Una storia, per giunta, che ricade nei più banali cliché Dickensiani: i ricordi d'infanzia rievocati con tanta nostalgia, i bambini nel collegio, le maestre, le prime scoperte adolescenziali. Corona il tutto un triangolo d'amore scemo -- lui, lei e l'altra, però tutt'e tre amici, quindi stiamo attenti, facciamo in modo che nessuno soffra, eccetera -- e il gioco è fatto. Unico merito del romanzo è la scrittura di Ishiguro, scorrevolissima -- infatti, "Non lasciarmi" si legge in tre giorni ed è anche una lettura molto 'immersiva', il linguaggio di Ishiguro è molto limpido, accessibile (a volte al limite del banalotto) e lui sa usare tutti i trucchi del mestiere con grazia, infilando un cliff-hanger qua e là, fra un capitolo all'altro, per farti venire voglia di arrivare fino alla fine, ma senza fare troppo lo sborone. Una lettura leggerissima, piacevole, che intrattiene ma che non stimola. "Non lasciarmi" emoziona? Sì. Il lettore sì affeziona ai personaggi? Certo. Ma questo non significa chissà cosa, considerando che uno si affeziona e si emoziona anche coi personaggi di certi film per la televisione mandati in onda su Rete 4 nei pomeriggi d'estate. In breve, "Non lasciarmi" è un racconto tirato per le lunghe che non riesce a trovare una sua strada, non sa decidersi fra l'essere un romanzo-filosofico alla Aldous Huxley o uno "young adult" in stile Federico Moccia.
Non mi aspettavo affatto un libro così interessante e particolare. L’autore è riuscito a creare una storia del tutto originale collegata da un filo amoroso e di amicizia
Recensioni
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