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“Le più grandi catastrofi si annunciano spesso a piccoli passi.” Quando si pensa all’Anschluss l’immagine più usuale che si ha è quella di un’invasione “pacifica” ed eppure fulminea, quasi un’ “invasione lampo”. In realtà di fulmineo nell’occupazione e – quindi – nell’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista, non ci fu proprio niente: non certo la sua proclamazione che fu accettata e sottoscritta, con un atto di resa quanto mai vergognoso, da parte del cancelliere austriaco Schuschnigg; non la sua motivazione (furbescamente spacciata, in finte conversazioni telefoniche, come un semplice aiuto a una nazione al passo dalla guerra civile); e tantomeno l’avanzata, in puro stile di filmato di propaganda, dell’esercito tedesco con i suoi nuovissimi panzer (che nella realtà si bloccarono quasi tutti, in panne, a pochi chilometri dal confine). Ci sarebbe stato tutto il tempo, insomma, perché la Francia (che però era in crisi di governo) o perlomeno l’Inghilterra intervenissero: macché. Chamberlain proprio quella sera aveva indetto una cena in onore del ministro tedesco Ribbentrop, che monopolizzò il tempo e l’attenzione discutendo per ore di tennis e delle sue doti di sommelier. La tragicommedia della Storia secondo Eric Vuillard intreccia perfettamente questi ed altri episodi con l’immagine sorridente e sicura del milionario Gustav Krupp ritratto nella copertina: rimane sempre l’ossequio per l’apparenza e le forme; permangono sempre, intatte, le pomposità d’apparato; ma c’è anche sempre, nascosto dietro a tutto questo, il bluff. Un bluff che – per esistere – necessita comunque di finanziatori e denaro, in questo caso fornito proprio da Krupp e da altri ventitre colossi dell’industria tedesca (prosperi ancora oggi e a tutti noi ben noti) che appoggiarono senza alcuno scrupolo ogni mostruosità e crimine perpetrati dal regime nazista. L’invocazione “liberaci dal male”, per certe persone, non è mai, purtroppo, all’ordine del giorno.
Non è mai facile cercare di raccontare un preciso momento storico, la difficoltà sta soprattutto nello scegliere lo stile narrativo giusto, non romanzare troppo le verità e al tempo stesso mantenere alta l’attenzione di chi legge. Vuillard lo fa sin dalla prima pagina, prendendo il lettore per mano e conferendogli una punto di vista speciale, quello di un osservatore nascosto che si trova in ogni luogo e ogni momento importante. Vuillard mira anche a responsabilizzare il lettore: immettendo il suo racconto nella società odierna, sottolineando le contraddizioni e i fallimenti passati, vuole spingere il lettore a guardare con occhio critico ciò che gli accade gli intorno, il modo in cui le cose ci vengono raccontate e filtrate senza mai avere la certezza assoluta della loro validità. E alla fine si ha proprio l’impressione che il dito non sia più puntato contro le figure del passato, ma contro di noi.
Éric Vuillard, vincitore nel 2017 del premio Goncourt, tenta ne il suo "L'ordine del giorno" di fornirci delle istantanee precise e dettagliate che possano farci tornare indietro al momento dell'ascesa nazista. In questo modo raccontarci, passo per passo, tutti i segreti che si nascondono dietro l'Anschluss, l'annesione dell'Austria avvenuta quel fatidico 11 marzo 1938. Un romanzo storico più che riuscito e un'esperienza di lettura edificante, ma soprattutto un saggio che riesce a dirci molto di più di quel che conoscevamo già o avevamo studiato nei libri di storia.
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