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Anno edizione: 2013
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Sesso, potere, soldi: questi sono i perni intorno a cui ruota la società che occupa stanzini o case di lusso nel palazzo Yacoubian. Nessuno è pienamente felice, su tutti domina l'amarezza e il cinismo: o perché vorrebbero una vita migliore di quella stentata che portano avanti o perché, nonostante gli agi, c'è sempre qualche vuoto da colmare. E ciascuno si ingegna come può e come sa, nascosto o difeso dalla coperta dell'ipocrisia, il più delle volte senza farsi scrupoli: vige la legge del "mors tua vita mea". La storia procede per "quadri", non c'è tessuto narrativo e compattezza di ordito; la scrittura è fluida, ma non accurata, non letteraria. Ma non sono questi, a mio avviso, i difetti maggiori di questo romanzo. Ciò che mi ha colpito in negativo è la freddezza dell'occhio che guarda queste vite in dissipazione, la mancanza di un punto di vista che sia al di sopra di tutto e che possa "riscaldare" queste atmosfere. Non mi sembra un libro denuncia, ma una discesa negli anfratti più cupi dei sentimenti che agitano gli animi umani. L'unica nota positiva arriva alla fine, con la celebrazione di un matrimonio che sembra avere a che fare con qualcosa di molto simile all'amore.
Il Cairo, capitale d’Egitto e importantissimo centro politico e culturale del mondo arabo, come ogni metropoli che si rispetti di storie da raccontare ne ha davvero tante con quella smisurata varietà di gente di ogni risma che ne caratterizza la popolazione e che si potrebbe definire un vero e proprio miscuglio antropologico. Al-Aswani ce la presenta attraverso gli inquilini di uno degli edifici più prestigiosi della città, palazzo Yacoubian. I suoi dieci piani dominano un’arteria vitale come via Suleyman pasha, al suo interno troviamo rappresentanti di ogni ceto sociale, di ogni condizione economica, conosciamo le più disparate esperienze e i più svariati modi di affrontare la vita. Lussuosi appartamenti, studi prestigiosi, sedi di importanti società mentre sul terrazzo la gente povera vive in miseri stanzini trasformati in abitazioni di fortuna. Spiando dietro ogni porta si entra in una storia diversa, guardando fuori da ogni finestra sia ha la stessa visione panoramica su un Egitto diviso tra la voglia di occidentalizzazione e il naturale attaccamento alla mentalità tradizionale. Una lotta tra due diverse culture che non trova però un vero vincitore e nella quale a prevalere sono per lo più i lati negativi di entrambe: corruzione, sete di denaro, prevaricazioni e ingiusti privilegi, servilismo e abusi, sessismo, sciovinismo, assenza di valori morali da una parte e fanatismo religioso dall’altra. Un ritratto a tinte forti con un palese scopo di denuncia nei confronti del trentennale governo Mubarak, da cui si evincono chiaramente le ragioni che hanno portato alla rivoluzione del 2011. Storie amare che si intrecciano e si incrociano con un ritmo incalzante, raccontate con stile e capaci di emozionare e coinvolgere. Dal giornalista libertino invaghito di un giovane soldato al sarto con mire espansionistiche sul terrazzo, dal dongiovanni senza età in lite con la sorella all’umile portiere che ripone le sue speranze sul figlio, dal pecoresco domestico che arrotonda le entrate con le creste all’imprenditore senza scrupoli che tenta la carriera politica. Ma le storie più emblematiche sono forse quelle di Taha e Buthayna, due giovani fidanzati costretti a subire in maniera diversa e per ragioni differenti la violenza fisica e morale di una società corrotta e malata. La loro rabbia si incanalerà in maniera diversa, le loro vite si separeranno, ma almeno per uno di loro ci sarà una sorta di lieto fine. “Taha la fissò a lungo poi riabbassò la testa e lei proseguì dicendo: Dai, Taha, smettila. È vero che sono di un anno più giovane, ma ho lavorato e il lavoro mi ha insegnato a vivere. Taha, questo paese non fa per noi. L'Egitto è per quelli che hanno i soldi. Se tu avessi avuto le ventimila lire per la bustarella, ti avrebbero chiesto cosa faceva tuo padre? Se fai i soldi ti spetta tutto, se invece resti povero ti calpestano".
Recensioni
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