André appartiene a una numerosa famiglia proprietaria di una fazenda in Brasile, fratelli e sorelle cementati da un rapporto affettivo profondo, coltivato con eccesso di premure dalla madre, e con inflessibile severità dal padre. Per la sua sensibilità morbosa, nutrita di un cattolicesimo frustrante, riveste il difficile ruolo del figliol prodigo, avendo ripudiato i parenti fuggendo da casa. Il romanzo si apre su pagine fluide prive di punti fermi, in cui solo virgole e punti e virgola segnano brevi rallentamenti del respiro: il ragazzo confessa al fratello maggiore venuto a cercarlo per riportarlo all’ovile la colpa imperdonabile per cui si è allontanato. Nel suo delirio ritrova la maestosa, solennemente ammonitrice figura del padre, che prima del pranzo impartiva ai figli riuniti sermoni moraleggianti, in cui metteva in guardia da qualsiasi eccesso comportamentale, dallo spreco, dalla libidine, dalla competizione, esortando invece allo zelo, all’obbedienza, al rispetto e soprattutto alla massima tra le virtù: la pazienza. André adolescente, scisso tra il desiderio di rispondere alle aspettative paterne e l’istinto di libertà, cerca scampo in fughe solitarie nei campi, sporcandosi di terra ed erba, di rapporti promiscui e colpevoli. Sempre inadeguato di fronte alle tradizioni austere della famiglia, cede al richiamo imperioso della fisicità, e ha l’improvvisa apparizione della bellezza. In tre pagine che si sollevano all’altezza di un cantico biblico, Nassar descrive l’abbandono e il volo, il timore e il tremore di un bambino convertito all’unica redenzione possibile. Tornato nella fazenda amata-odiata dei genitori, esteriormente più docile e arreso, intimamente disperato, non riesce a mascherare il disagio, l’imbarazzo, la paura, scoprendosi estraneo alla normalità di un mondo non più suo. I rapporti violentemente spezzati non si ricomporranno, e la tragedia si consumerà in una macabra danza sacrificale durante la festa organizzata per il suo ritorno.
Il pane del patriarca
Con una prosa sensuale e ricca di intensità biblica, Nassar riesce a riprodurre su carta tutte le ansie e i deliri di una mente turbata, proiettandoci in un universo remoto e al tempo stesso ben riconoscibile per ogni lettore: quello della grande letteratura.
«Un romanzo essenziale e coraggioso che combina tormento e desiderio» – Publishers Weekly
Scritto originariamente nel 1975, Il pane del patriarca è il primo romanzo di Raduan Nassar, definito dal New Yorker «il più grande autore brasiliano vivente», che dopo aver pubblicato tre opere memorabili ha deciso, nel 1984, di ritirarsi in campagna e smettere di scrivere. Ed è proprio la campagna brasiliana a fare da sfondo a questo romanzo, con la sua vita scandita «dalla terra, dal grano, dal pane e dalla famiglia». Stanco del lavoro sfiancante e dei rigidi precetti religiosi di un padre autoritario, André abbandona la casa in cui ha sempre vissuto. Eppure, la monotonia del lavoro nei campi, la fatica fisica e le parabole declamate dal padre – intorno a quella tavola che considera il suo pulpito personale – non sono le uniche ragioni che lo spingono alla fuga. André nasconde un terribile segreto e solo la visita del fratello maggiore, incaricato dalla madre di riportarlo a casa – come fosse un figliol prodigo contemporaneo –, lo spingerà ad aprirsi e a confessare ciò che lo tormenta fin dall'infanzia.
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Anno edizione:2019
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alida airaghi 04 giugno 2019