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Uno splendido racconto in prima persona della pittrice,dolore arte amore,tecniche pittoriche,grandi personaggi del suo tempo,un esempio di forza coraggio e determinazione
emozionante e coinvolgente scritto in modo chiaro e conciso
Artemisia Gentileschi, figlia di Orazio, fu una grande pittrice del 1600. In questo romanzo ci viene raccontata una parte della sua vita. Tutto inizia il 14 maggio 1612, in un’aula di tribunale, a Roma, dove Artemisia si trova perché è stata ripetutamente stuprata dall’amico e collaboratore di suo padre, Agostino Tassi. Artemisia Gentileschi Autoritratto La cosa sconvolgente per chi legge è vedere Artemisia additata quasi fosse lei la colpevole e suo padre che non fa nulla per difenderla. Artemisia venne sottoposta alla tortura della sibilla: le legarono le dita delle mani con delle corde ed iniziarono a stringere fino a farle sanguinare; speravano di farle ammettere di essere stata lei a sedurre il Tassi. Dopo questa tortura, che le lascerà le mani piene di cicatrici per il resto della vita, fu sottoposta ad una visita ginecologica in pubblico. E tutto ciò, come scoprì poi, solo perché suo padre voleva recuperare un quadro. Sottoposta al pubblico ludibrio, senza aver ottenuto giustizia, ritenuta una sgualdrina, Artemisia sposò, per volere del padre, un modesto artista fiorentino: Pietrantonio Stiattesi. Con lui si trasferì a Firenze, dove ebbe modo di conoscere Michelangelo Buonarroti il Giovane (nipote di Michelangelo), che le commissionò un nudo di donna e le fece dono di un pennello usato dal suo prozio. Grazie a questa commissione, Artemisia entrò in buoni rapporti con Cosimo II de’ Medici, che la prese sotto la sua ala, facendola lavorare molto e dandole così l’opportunità di essere la prima donna ammessa alla famosa Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze. Sempre grazie a Cosimo, Artemisia conobbe Galileo Galilei, col quale intrattenne, negli anni successivi, un rapporto epistolare costante. Nel frattempo, Artemisia diventa madre di Prudenzia. La sua arte e la sua fama, le costarono, però, l’amore del marito: invidioso dei suoi successi, Pietrantonio era circondato da amanti e passava sempre molto tempo fuori casa. Scoperto questo, Artemisia deciderà di partire per Genova, dove il padre si trova e dove le assicura del lavoro. Artemisia chiederà a Pietro di seguirla, ma lui non lo farà e da lì i due non avranno più alcun tipo di rapporto. Arrivate a Genova, Artemisia e Prudenzia alloggeranno in casa della famiglia di Cesare Gentile, che le consentirà di lavorare tranquillamente e molto. Artemisia avrà anche modo di riallacciare un rapporto col padre, finché, però, scoprirà che quest’ultimo ha invitato Agostino Tassi a raggiungerlo nella città portuale. La donna non riuscirà a sopportare quest’ulteriore sgarbo e deciderà di lasciare Genova e la famiglia Gentile. Farà ritorno a Roma, sperando che il tempo abbia cancellato la sua reputazione, ma non sarà così e Artemisia lo capirà fin dall’inizio, quando nessuno vuole affittarle una stanza. Giuditta e Oloferne Si sposterà, poi, a Venezia e, infine, a Napoli, dove si fermerà sino al matrimonio della figlia. Poco prima dell’evento, ricevette una lettera dal padre che la invitava a raggiungerlo in Inghilterra. Artemisia deciderà di partire, sperando che, col tempo, il padre abbia capito gli errori commessi e sia pronto a chiederle scusa. Ma questo accadrà solo quando lui sarà in punto di morte. Ciò che colpisce di questo romanzo è come la vita di una donna potesse rimanere segnata da singoli eventi. Artemisia riverserà la sua rabbia nei quadri che dipinge e l’evoluzione psicologica che compie è perfettamente raffigurata nelle sue famose Giuditte: inizialmente piene di rabbia e con Oloferne grondante sangue; alla fine, Artemisia riuscirà a dipingere una Giuditta più serena! Ovviamente, la storia è molto romanzata e deficita di parecchi particolari della vita di Artemisia Gentileschi, ma vale sicuramente la pena leggere di questa grande artista.
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