Penultimi. Ediz. italiana e francese - Francesco Forlani - copertina
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Penultimi. Ediz. italiana e francese
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Descrizione


I penultimi non sono gli ultimi. I penultimi possono ancora trovare ciò che resta della civiltà occidentale, delle sue idealità: la comunanza, la commozione, la morbidezza di ciò che è sensuale, corporeo, vitale. Possono ancora concepire la speranza del cambiamento. Il mondo che emerge non è più quello dell’alienazione operaia ma quello dell’apartheid prodotta dalle nuove oligarchie finanziarie. La società tende a dividersi in caste non più in classi come nel '900, le persone, sempre in movimento pendolare, restano immobili, l’Occidente sembra tutto retrodato a vecchio regime, a prima della rivoluzione borghese, è un mondo neofeudale, appunto. Di questo mondo Forlani dice con tenerezza e crudeltà. Con un contributo di Biagio Cepollaro.

Dettagli

31 dicembre 2019
128 p., Brossura
9788833861135

Valutazioni e recensioni

  • alida airaghi

    Un libro composito, fatto di versi stampati in tondo e in corsivo, di prosa e interstizi meditativi, di haiku; intervallato da fotografie scattate con il cellulare dallo stesso autore, presumibilmente dalla metropolitana che è l’ambiente da cui, su cui e per cui il testo è stato pensato e scritto. “Pensato” come omaggio ai Penultimi, suoi inconsapevoli e meritevoli protagonisti: un omaggio malinconico, grato e rimordente. “Scritto” in un italiano colto ma nello stesso tempo popolare, striato di francese e di napoletano: le tre lingue e le tre anime dell’autore. Francesco Forlani è infatti nato a Caserta, si è laureato in filosofia a Napoli, è emigrato a Parigi dove fa il professore in una scuola della banlieu. Poeta, narratore, performer e cabarettista, in questo volume si è ritagliato uno spazio di riflessione, amara e indignata, sulle vite degli altri, sulla sua che li osserva, sul mondo in cui è inserito pur con dignitosa estraneità. Da anni si imbarca ogni mattina alle 5,40 sulla metro parigina: con lui una massa indistinta di persone, presenze intercambiabili: i penultimi, appunto, non proprio gli ultimi nella scala sociale. Un lavoro ce l’hanno, e lo raggiungono all’alba di ogni giorno feriale, rassegnati a una routine malpagata, ripetitiva, spersonalizzante. Il poeta li osserva nei copricapi di lana degli uomini, nei foulard delle donne, negli occhi socchiusi e nelle labbra che si muovono in cantilene o preghiere: appartengono a razze e religioni diverse, sono compagni di ventura e sventura, ma forse non altrettanto capaci di introspezione e di valutazione sul destino che altri hanno confezionato per loro. La Parigi della democrazia e dell’insurrezione si offre nel suo squallore quotidiano al giudizio sconfortato e agro dell’intellettuale, che sa più e meglio degli altri passeggeri cercare scampo nella bellezza residua della luna, del cielo ancora grigio, o nel profumo di colonia che improvviso invade lo scompartimento, riaccendendo memorie familiari.

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