"Quando ho iniziato la carriera di magistrato – confessa Gherardo Colombo nelle pagine del libro - ero convintissimo che la prigione servisse, ma presto ho cominciato a nutrire dubbi”. E da che pensava che il carcere fosse utile, giungerà a ritenerlo soluzione inefficace, addirittura dannosa per i rei, per le vittime e per la sicurezza sociale. In questo saggio, denso di profonde riflessioni sulla nostra giustizia penale, che pare essersi fermata all’antica legge del taglione, l’autore accompagna il lettore in un percorso che, tra l’altro, lo conduce a valutare e confrontare la giustizia retributiva con quella riparativa. E afferma la necessità di passare da una cultura di esclusione del reo, ossia da una giustizia che si limita a riconoscere e “retribuire” il male commesso con una pena carceraria equivalente, alla pena intesa come occasione offerta al reo per “riparare” il male commesso.
Il perdono responsabile. Perché il carcere non serve a nulla
La gran parte dei condannati a pene carcerarie torna a delinquere; la maggior parte di essi non viene riabilitata, come prescrive la Costituzione, ma semplicemente repressa, e privata di elementari diritti sanciti dalla nostra carta fondamentale - come ne vengono privati i loro cari; la condizione carceraria, per il sovraffollamento, la violenza fisica e psicologica, è di una durezza inconcepibile per chi non la viva, e questa durezza incoraggia tutt'altre tendenze che il desiderio di riabilitarsi; la cultura della retribuzione costringe le vittime dei crimini alla semplice ricerca della vendetta, senza potersi giovare di alcuna autentica riparazione, di alcuna genuina guarigione psicologica. È possibile pensare a forme diverse di sanzione, che coinvolgano vittime e condannati in un processo di concreta responsabilizzazione? Gherardo Colombo indaga le basi di un nuovo concetto e di nuove pratiche di giustizia, la cosiddetta giustizia riparativa, che lentamente emergono negli ordinamenti internazionali e nel nostro. Pratiche che non riguardano solamente i tribunali e le carceri, ma incoraggiano un sostanziale rinnovamento nel tessuto profondo della nostra società: riguardano l'essenza stessa della convivenza civile.
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Edizione:5
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Anno edizione:2013
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Antonio Spagnoli 19 maggio 2018
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Analisi lucida e proposte concrete, in merito ai rapporti tra legge, trasgressione, pena, reintegrazione e ai loro significati. È un testo prezioso per ampliare le vedute nel merito. Sarebbe più incisivo se approfondisse meglio le varie tematiche, ma comunque si tratta di una realtà che i media nascondono e che la stessa magistratura non vuole vedere, per cui è interessantissimo. La verità con la sua forza prorompente però, è come lo scorrere di un fiume in piena. Ignorarla produrrà solo danni, a noi tutti. Un libro testimonianza che tutti dovrebbero leggere.
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Non c'è dubbio: le idee presentate in questo libro sono decisamente rivoluzionarie e, se implementate, cambierebbero radicalmente il sistema carcerario e il modo di intendere il diritto penale. A mio avviso, questo nuovo impianto del diritto penale porterebbe enormi miglioramenti nella società perché ridurrebbe la recidività dei criminali e il rapporto che il comune cittadino avrebbe con il sistema penale. A mio avviso il libro avrebbe dovuto descrivere in modo più dettagliato queste proposte, dedicando maggiore spazio alle eventuali sperimentazioni fatte in precedenza e dando più informazioni su come applicare queste proposte. In ogni caso, consiglio vivamente la lettura di questo libro a chiunque sia interessato ad approfondire tematiche riguardanti il sistema giudiziario e carcerario italiano.