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Anno edizione: 2013
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Bello, ho letto alcuni ultimi libri della serie, adesso sono andato a ritroso ed ho letto il primo, che dire...ben scritto, non ti annoia, bella suspense e lui Rocco un fenomeno, un personaggio che vorresti conoscere se esistesse. Consiglio vivamente il libro.
E' il primo libro di Schiavone, arriva un tipo di poliziotto che nessuno si aspetta di incontrare in un romanzo: è un vero antieroe, un uomo comune triste cui nessuno vorrebbe somigliare, è anche corrotto quando capita, ha un rapporto con le donne davvero impossibile, strafottente e superficiale nonostante cerchi di tirare fuori da sé un po' di gentilezza o di sensibilità. Gli omicidi sui quali è costretto a indagare con acume e tenacia (due qualità che pure ha), sembrano solo delle grandissime scocciature che gli capitano tra i piedi ma, in realtà, sono analizzati come uno squallido inventario delle umane, terribili debolezze..
Mi è piaciuto ma non lo ritengo onestamente un gran libro! Come dire? Ormai il personaggio del vice questore Schiavone mi ha coinquistata in televisione, col faccione e la grande recitazione di Giallini e può fare quasi tutto nei libri di Manzini però, diciamocelo, in questo libro non c’è una gran trama, ed il finale è un poco naive..... la sceneggiata in chiesa durante il funerale, 87 cingalesi in casa di due pensionati che li accolgono come fossero i loro nipotini venuti senza preavviso per la cena ..Scrittura molto facile, veloce...qualche bella immagine ...cenni alla doppia o precedente vita di Schiavone : lo so , mi ha conquistata e leggerò di sicuro anche gli tutti gli altri!!
Recensioni
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Scordatevi dei commissari italiani che conoscete, dal Sud al Nord.
Scordatevi del garbato e correttissimo Salvo Montalbano e di Proteo Laurenti, triestino di adozione, simpatico e alla buona, l’immagine del padre di famiglia.
Scordatevi anche del termine "commissario", perché Rocco Schiavone, protagonista del romanzo Pista nera di Antonio Manzini, ci tiene a precisare, correggendo chiunque gli si rivolga così, che ora si dice "vicequestore".
Il vicequestore Rocco Schiavone è antipatico e scorretto.
Nei confronti delle donne ha l'atteggiamento del maschio conquistatore ed è stato mandato da Roma ad Aosta per punizione - lo comprendiamo dagli sguardi che gli lanciano, dalle mezze parole dette intorno a lui, dall’irritazione con cui mal sopporta vivere in un luogo che è agli antipodi di Roma.
Il suo sogno, condiviso con la moglie Marina, è sempre stato, tuttavia, a metà strada tra Roma e Aosta: una volta in pensione avrebbero acquistato un casolare con della terra in Provenza, mare e colline: il meglio dei due mondi.
È sera, e un giovane che guida un gatto delle nevi, nel suo quotidiano compito di ripassare sulle piste da sci, trova un cadavere. È ovviamente sconvolto. Il capo dei gattisti gli aveva consigliato di rientrare tagliando per la scorciatoia che portava a Champoluc, ed è stato proprio percorrendo quel tragitto che il mezzo, improvvisamente, è sobbalzato sui cingoli per aver colpito qualcosa. Non una roccia, della terra o un animale. Il gatto era passato sul corpo di un uomo, facendone scempio con il suo enorme peso.
E così Rocco Schiavone, raggiunto ad Aosta da una telefonata, deve recarsi sul posto. Impreca contro il freddo - ai piedi calza delle Clarks che diventano subito fradice, ha le mani nude e indossa un loden che va bene per Roma, ma non è adeguato alle temperature della Val d'Aosta.
Con modi imperativi dà ordini ai subalterni - uno di questi ricorda da vicino il simpatico Catarella di Camilleri, ma Rocco non ha certo la pazienza di Montalbano; l’agente Pierron, invece, è un tipo sveglio e non solo gli fa d'autista ma lo introduce anche alla gente e ai costumi della regione.
Si scopre presto l'identità del morto: un tal Leone Micciché originario di Catania, sposato con Luisa Pec, una ragazza del posto. Insieme i due gestivano un rifugio splendidamente ristrutturato, ottimo luogo di sosta per gli sciatori.
Le possibilità non sono poi molte per risolvere il caso: o Micciché è stato raggiunto dalla mano lunga della Mafia (però non pare il loro modus operandi), o si tratta di un delitto passionale (Luisa è bella, il fidanzato che aveva prima di incontrare Leone non si è mai rassegnato), oppure è una questione di debiti insoluti.
Se questa è la trama principale, ce n'è tuttavia una secondaria che illumina le zone d’ombra della personalità di Rocco Schiavone, accentuando quello che è il leitmotiv del romanzo: la messa a confronto tra Nord e Sud, il contrasto tra il nitore dei luoghi valdostani e la sporcizia di Roma, la quiete e la confusione, l'atmosfera amichevole e la sgarbatezza, l'onestà (incredibile, a Champoluc un negoziante può fidarsi a lasciare un cliente da solo, con la merce a portata di mano!) e la disonestà.
Eppure, come viene lentamente suggerito e come vedremo meglio alla fine, nel luogo idilliaco dove il protagonista si trova ad indagare non tutto è come appare. Perfino quello che sembrava essere un vantaggio - essere tutti più o meno imparentati, come una grande famiglia - rivela il suo aspetto negativo.
La Vallée perde punti e ne guadagna invece Rocco: possiamo non accettare i suoi comportamenti, ma comprendiamo le sue motivazioni dietro il caso che lo ha portato all'esilio, ci divertiamo con il suo senso dell'ironia (a proposito, finirà con l'adattarsi al clima del luogo, acquistando un paio di scarponi e un paio di guanti imbottiti) e poi, all'improvviso, proviamo pena per lui.
recensione di Wuz.it
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