I più deserti luoghi - Silvana Gandolfi - copertina
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Letteratura: Italia
I più deserti luoghi
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Descrizione


Olga Misurati, una donna di quarantasette anni, è scomparsa nel nulla da oltre due settimane. Il portiere del suo palazzo, preoccupato, rintraccia uno zio. L'appartamento è deserto: Olga ha lasciato solo una valigia aperta, come se stesse per partire per chissà dove, e un diario, dove racconta i suoi ultimi mesi. Solitaria, dimessa, ha dedicato tutta la sua vita al fratello, Leandro, con cui vive nella grande casa di famiglia: dopo la morte della madre, devastata dalla depressione, il padre si è rifatto una vita in Australia. Olga accudisce il fratello disabile e quasi cieco, risvegliatosi per miracolo da un coma durato dieci anni. Fra le tante stanze disabitate dell'appartamento, dove regna un «silenzio plumbeo e misterioso», una in particolare racchiude un universo segreto. Dietro una porta blindata, nascosta a sua volta da un vecchio arazzo, si trova la «sala gialla», dove nulla può filtrare dal mondo esterno. È un luogo magico, un tempio dell'interiorità, dove spira «un alito freddo» e indefinibile, l'oro delle tappezzerie sbiadito dal tempo. È qui che Leandro si trasforma: investito da una sorta di potere sciamanico, coinvolge la sorella nel «Gioco», in cui evoca paesaggi illusori ma estremamente vividi. Ma cos'ha spinto Olga alla fuga? Quali segreti ha affidato alle pagine del suo diario? Cosa nasconde il rapporto morboso tra fratello e sorella? Silvana Gandolfi, già autrice di libri per bambini, esordisce con un noir psicologico fra ambienti goticamente moderni, teatro di solitudini irrimediabili, quotidiane. Sono i «più deserti luoghi», dove vagano anime senza speranza, perennemente in bilico fra ricordi, presenze impalpabili, lucidi deliri: in fondo, «la pazzia non è che un modo oscuro di dire verità profonde».

Dettagli

12 marzo 2015
312 p., Brossura
9788868332754

Valutazioni e recensioni

  • La prosa è scorrevole e l’uso della narrazione in prima persona permette con efficacia di presentare la realtà da un’unica angolazione. Il lettore viene pervaso da una sensazione claustrofobica che ricorda la lettura della “Scimmia nella biglia” della stessa autrice, ma in questo caso non si ha la magia dell’infanzia a stemperare questa sensazione e la storia è crudele, il disagio e l’amarezza si diffondono in un climax crescente che nemmeno nel finale trova una risposta a tutti gli interrogativi.

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