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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 1998
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Sradicato, nostalgico, inadeguato Timofej Pnin, inesperto alla vita e più di tutto alla vita sociale, goffo e bramosamente vivo, recluso in una sorta di bolla costituita da una lingua che non sa padroneggiare, imbranato, appassionato, solido e fragile insieme, fatalisticamente abituato al fallimento come norma, un uomo impreparato, quasi scettico, al lieto fine. “Un destino funesto non dovrebbe incepparsi”. Capace di forti sentimenti ed emozioni, facile alla commozione ma anche all'invettiva, ama ancora la moglie che l’ha lasciato e ripreso molte volte, si occupa di un figlio non suo come se lo fosse, scherza, si osserva ben consapevole dei propri limiti, trasfigura le persone della sua vita e le fa comparire davanti a sé, i vivi accanto ai morti, che immagina presiedere al destino dei primi, in una “democrazia di fantasmi”. Un romanzo che mescola ironia e struggimento, critica e sentimento. Indimenticabili alcune pagine, come quella in cui Pnin ripensa a Mira e alla sua morte, o quella in cui racconta la magia del perdersi tra i libri durante una ricerca, che dicono tutta la bellezza e il fulgido nitore della scrittura di Nabokov.
E' un libro interessante, che narra di un professore universitario di origine russa, Pnin appunto, e di alcuni momenti della sua vita. Non gli ho dato il massimo perché dopo aver letto Lolita non era possibile. L'autore ci presenta solo un periodo della vita di Pnin: siamo catapultati in medias res, durante un viaggio in treno per tenere una conferenza in una città degli Stati Uniti, e (dopo altri avvenimenti) il libro si chiude con Pnin che parte, di nuovo, dalla città in cui risiede per un'altra destinazione, ma per un diverso motivo. Lo stile di Nabokov è folgorante, e in vari momenti sono rimasto stupito per la profondità di certe riflessioni e la loro apparente semplicità. Pnin ha un lavoro che gli piace ma degli studenti (pochi, pochissimi) non troppo brillanti; ha una casa in affitto ma periodicamente viene costretto a cercarsene un'altra; ha amici che stima molti dei quali però non stimano lui; ha una moglie separata che però comincia a cercarlo; un figlio cui vuol bene ma che non è in grado di capire bene; parla inglese storpiando le parole; è, soprattutto, pieno di manie, alcune delle quali anche troppo professorali e letterarie (ad esempio è in grado di ricostruire a memoria l'intricato svolgersi del tempo nel romanzo Guerra e pace di Tolstoj); è intelligente, ma non troppo penetrante. Il romanzo è allegro, sempre molto allegro, e divertente; Pnin è fiducioso nel futuro, nonostante il tempo non gli abbia mai dato granché; e forse, alla fine (una fine geniale nella sua circolarità non del tutto compiuta e sorprendente, perché si capisce che forse il narratore non ci ha detto tutta la verità), alla fine forse il più sincero e vero personaggio del romanzo, anzi quello con meno voglia di far del male, quello più propriamente umano, è proprio lo sfortunato, infelice e fiducioso, generoso professor Pnin.
Piccolo gioiello, prezioso e delicato questo breve romanzo di Nabokov, dove attraverso una raffinata e inusuale tecnica romanzesca spicca la figura di questo prof Pnin, dal fisico non particolarmente attraente, goffo, sfortunato ma da un cuore e da una umanità fuori dal comune. Emergono il suo candore, la sua bontà, il suo cercare di integrarsi ovunque si trovi e contemporaneamente le sue difficoltà, le piccole e grandi gaffe che lo rendono subito simpatico non solo al lettore ma anche ai vari personaggi con i quali interagisce. Anche coloro che lo imitano non lo fanno con cattiveria ma con una bonaria simpatia. Stupende sono le rievocazioni della terra russa, paesaggi immensi rivisti con la nostalgia del ricordo… sembra proprio Nabokov che parla e rievoca quella sua terra madre, lasciata e perduta, proprio come Pnin!!!! Il finale poi è stupendo, inaspettato e ricco di dignità!
Recensioni
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