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Il tribunale ed, in generale, tutto l’apparato della giustizia si presenta agli occhi di un normale cittadino come un labirinto inestricabile: nel momento in cui si è entrati in questo meccanismo non si riesce più a trovare una via d’uscita. Questa è l’impressione che K. si crea della giustizia, sentendo anche numerosi pareri di persone già coinvolte in questa. Secondo la loro testimonianza, la corruzione è dilagante nei tribunali ma limitata comunque ai funzionari più deboli e di basso rango. L’accesso ai “piani alti della giustizia” era praticamente impossibile per semplici cittadini. La giustizia narrata presenta tempi molto lenti che provocano gravi conseguenze in un imputato. Molte sono quelle provocate dal punto di vista economico, come può essere la perdita del lavoro; altre invece possiamo riscontrarle nel tessuto sociale: l’imputato verrà sempre più coperto da pregiudizi e critiche e, di conseguenza, isolato. Un commerciante, entrato nel sistema della giustizia da cinque anni e grazie al quale ha perso lavoro ed affetti, dice a K.:”In questo procedimento (la giustizia) si viene continuamente a parlare di cose per le quali la ragione non basta più e, in compenso, ci si rifugia nelle superstizione”. Durante quel periodo K. trova anche il sacerdote delle carceri. Sembra che anche lui sia coinvolto profondamente in tutta quella serie di pregiudizi in cui la giustizia è sommersa. Egli dirà, infatti, a K., mentre quest’ultimo tenta di trovare aiuto e conforto nella sua persona: ”Io appartengo al tribunale. Allora perché dovrei volere qualcosa di te? Il tribunale non vuole niente da te. Ti accetta quando vieni e ti congeda quando vai”. Di fronte a queste dichiarazioni K. rimane estremamente stupefatto ed incredulo. Il pensiero che K. ha elaborato in riguardo all’amministrazione della giustizia raggiunge il suo culmine con l’espressione: “Un unico boia potrebbe sostituire l’intero tribunale”. K. vede quindi la giustizia come una morte. E’ una morte lenta, sofferente e priva di senso, sia logico che morale. In questo romanzo, Kafka usa uno stile che si propone lo scopo di rendere la narrazione angosciosa. I personaggi, infatti, sono spesso indicati in modo parziale ed enigmatico. Basta pensare che dello stesso protagonista non viene mai detto il cognome. Diego de Silva commenta così questo romanzo: “Il senso di oppressione che lo assedia accompagna la respirazione, condiziona il respiro, tinge l’immaginazione di una tonalità indefinibile e propria. C’è sempre, in ogni battuta, in ogni descrizione, in ogni riflessione, in ogni spazio bianco. ? il rumore di fondo della solitudine e dell’attesa”.
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