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Anno edizione: 2021
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«Ogni mio racconto è uno schiaffo allo stalinismo», cosí nel 1971 Varlam Salamov definiva con secca, sonora immediatezza I racconti di Kolyma, tragica testimonianza sui gulag sovietici, su «quello che nessun uomo dovrebbe vedere né sapere.»
Dalla fine degli anni Venti al dopoguerra milioni di persone vennero deportate e morirono nei lager staliniani, e alla Kolyma, regione desolata di tundra e ghiacci dove «uno sputo gela in aria prima di toccare terra», Šalamov rimase confinato dal 1937 al 1953. L'anno successivo, subito dopo il ritorno a Mosca, tassello dopo tassello Šalamov cominciò a comporre il suo monumentale mosaico contro l'oblio, il suo poema dantesco sulla vita e sulla morte, sulla forza del male e del tempo.
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