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Anno edizione: 2015
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“Raffles”, che voi lo sappiate o no, è stato uno dei primi ladri gentiluomini della letteratura (precede di una quindicina di anni Arséne Lupin). Giocatore di cricket, estremamente raffinato nei modi ma totalmente al verde, ruba sia per necessità sia per sfida morale. Prima di tutto, devo dire quanto mi piace la casa editrice di questo libro. “CasaSirio” è un piccolo editore presente sul mercato da tre/quatto anni, ma che si è imposto subito con una grandissima personalità. Già solo l’idea di tradurre un libro del genere dà la misura del loro progetto editoriale; sfornano pochi libri all’anno, ma sono tutti di qualità altissima, sia nel contenuto sia nella cura esterna. Questo è il primo loro libro che leggo, ma ne ho anche altri a casa. Ogni volta che li trovo a una fiera compro qualcosa perché meritano veramente tanto; sono il prototipo della piccola editoria di qualità. Fatta questa sviolinata (ma assolutamente sincera), torniamo al libro, che dovete leggere se vi piace la letteratura inglese di fine ‘800 ma sopratutto Sherlock Holmes, perché questi racconti che hanno come protagonista Raffles e il suo compagno Bunny sono proprio Sherlock Holmes alla rovescia. Non so se l’autore E. W. Hornung lo abbia fatto apposta, ma tenderei a dire di sì, considerando che Arthur Conan Doyle era suo cognato. Così come nei racconti di Doyle il punto di vista è quello del buon dottor Watson, affascinato da Holmes al punto di non poter fare altro che seguirlo, nei racconti di Hornung il punto di vista è quello di Bunny, un giornalista squattrinato affascinato da Raffles... al punto di non poter fare altro che seguirlo! La differenza sta nel fatto che Holmes e Watson stanno dalla parte della legge, mentre Raffles e Bunny sono ladri. Un crossover sarebbe divino. Comunque Hornung non ha l’acume di Doyle e, in effetti, Raffles non è diventato famoso come Sherlock Holmes. I racconti sono simpatici, ma non hanno quelle trame che ti fanno gridare al genio. Nonostante ciò, personalmente li ho apprezzati molto più di quelli dell’illustre cognato, dato che a me lo Sherlock Holmes lettarario non fa impazzire (tiratemi pure i pomodori, ma devo dire che nel genere del giallo deduttivo preferisco Agatha Christie). Questi racconti di Hornung sono sicuramente più semplici, ma in qualche modo molto più spontanei di quelli di Doyle. C’è anche da dire che Hornung conosceva Oscar Wilde e in parte s’ispirò a lui per il suo personaggio, perciò un certo stacco da Sherlock Holmes c’è. Vale comunque la pena di procurarsi questo libro; credo che possa rappresentare una piccola perla nella collezione di chiunque.
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