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Anno edizione: 2018
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Anche se è il primo di una trilogia, è un libro auto conclusivo. Storia a momenti cruenta, piena di miseria umana.... storia che parla di sopravvivenza e mancanza di sogni, in un paesino sperduto del sud americano, dove una famiglia di razza nera affronta la sua sfida più grande: l’arrivo del uragano Katrina. Preparatevi per una lettura a stomaco contratto... ma raccomandato!
Dodici capitoli che segnano i dodici giorni dall’arrivo dell’uragano Katrina, quello che spazzerà via tutto e sconvolgerà uomini e cose. Un luogo: Bois Sauvage, Mississippi, un avvallamento denominato “la Fossa” dove vivono quattro fratelli, i Batiste: Randall, Skeet, Esch (unica femmina e narratrice) e il piccolo Junior, collegati tutti da una relazione intima e costante. Una storia parallela: quella che sta leggendo la protagonista, mentre il dramma annunciato si fa a poco a poco, ma rapidamente, realtà: la storia di Medea, amante struggente, madre degenerata, vendicatrice furibonda. E il mito si intreccia pericolosamente con il presente: Natura madre e matrigna, nutrice e portatrice di morte, dove la furia devastante si scontra con l’istinto primordiale della sopravvivenza: salvare le ossa, appunto. L’intreccio continuo (e l’interdipendenza) tra natura-animali-umani: tutto avviene adesso, contemporaneamente, per tutti e per ciascuno. L’amore tra pari colma il vuoto dell’amore dei genitori, perché non ci sono genitori o perché sono inadeguati. E sono rapporti intensi, violenti, appassionati, di amore e di amicizia, di odio e di rabbia. E poi la relazione più intima, più intensamente amorosa: quella tra Skeet e China, il suo cane da combattimento: i due sono una cosa sola, esprimono l’amore incondizionato e reciproco. L’adorazione pura e assoluta. Un linguaggio denso, ricco di metafore; un racconto carnale, intenso e pulsante. Fortemente emotivo. Un capolavoro. Ma non si può scrivere troppo su Salvare le ossa. Bisogna leggerlo, farsi leggere, immergersi, essere e rimanere là. Attraversare Katrina e uscirne vivi. Più ricchi, più forti. Migliori.
La prosa di Jesmyn Ward è scorrevole, a tratti ricercata e dolce. Un vero piacere per gli occhi e una scoperta per i lettori dal 'palato' più raffinato. Si tratta, senza dubbio, di una storia che merita una possibilità. Una lettura semplice e scorrevole la assicura questo libro ma per niente banale ,ridondante o pretenziosa.Qui la noia non abita,anzi alcune pagine sono da antologia e tengono alto il livello del racconto e dello stile.La storia è eccezionale e la consiglio vivamente soprattutto a chi è convinto l’essenzialita’ sia ,in genere, un’ottima regola di vita. Trama 12345 Stile scrittura 12345 Aspetto estetico 12345 Rapporto qualità / prezzo 12345 Valutazione complessiva 123
Recensioni
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Salvare le ossa (316 pagine, 19 euro), tradotto da Monica Pareschi per NN editore, è un libro del 2011, il primo di una trilogia, con cui l’autrice, la statunitense Jesmyn Ward, ha vinto il National Book Award. La vicenda si svolge nel Mississipi, a Bois Sauvage, i protagonisti sono dei ragazzini, orfani di madre (morta di parto, dando alla luce l’ultimo figlio, Junior), che vivono col padre in una fossa, fra galline e spazzatura, poverissimi, vanno avanti a furia di espedienti e sono in attesa dell’arrivo dell’uragano Katrina. A breve sarà pubblicato, sempre per NN editore, il secondo volume della trilogia, Canta, spirito canta, attesissimo da chi si è accostato al primo episodio, con cui Jesmyn Ward ha vinto per la seconda volta il National Book Award.
Il punto di vista è femminile, e non solo perché il romanzo è scritto da una donna, ma perché la voce narrante è Esch, quattordicenne della famiglia protagonista, che resta incinta di Manny, ragazzo poco più grande di lei (che naturalmente la farà soffrire molto), di cui è innamorata, ma non il solo con cui promiscuamente ha avuto rapporti. Anche l’uragano in arrivo, spiega a un certo punto il padre, è femmina, quindi «più distruttivo» C’è sempre una differenza molto netta nei generi e nel loro destino che sembra scritto, una differenza figlia dell’arretratezza del posto, in cui donne e uomini sono chiamate a fare cose ben distinte
La scrittura di Jesmyn Ward è bella e ipnotica e, insieme all’attesa dell’uragano che aleggia prima di esplodere con tutta la sua forza, è una delle colonne di Salvare le ossa. Nonostante l’autrice utilizzi molti aggettivi e si soffermi su lunghe descrizioni non annoia mai il lettore che, anzi, si sente come accompagnato, come se stesse su un’imbarcazione che percorre un fiume placido e va verso il mare. La scrittura è una grande forza di questo romanzo, non c’è chissà quale ritmo narrativo, non succedono chissà quante cose, ma si resta incollati alle pagine più per vedere come va a finire, per farsi ammaliare e trascinare dalle moltissime metafore e dalle tante immagini anche forti e violente, ma efficaci (l’uragano che lascia dietro di sé «un odore di dente cariato») che l’autrice usa. Salvare le ossa è molto violento: c’è chi viene picchiato, ci sono combattimenti fra cani (uno dei fratelli, Skeetah, ha un pitbull, che fa combattere, che è brutto, sporco e cattivo, ma in qualche modo rappresenta la speranza; la famiglia si salva nell’uragano, il cane è disperso, ma Skeetah lo aspetta…) e naturalmente c’è la forza distruttiva dell’uragano stesso, con la famiglia protagonista colpita frontalmente dalla natura, con il libro che esplode nella descrizione finale.
Ci sono tante metafore spicciole, nel romanzo di Ward, che si esauriscono nello spazio di una riga, e altre molto più corpose e ambiziose, che riguardano interi episodi o tutta l’architettura della storia. Ci sono costanti riferimenti fra la storia degli Argonauti, di Giasone e Medea (libro che legge Esch), e quello che accade, e in particolare c’è una costante, la morte che genera vita, quella della madre che ha messo al mondo Junior, il piccolo, il cocco di tutti, quella provocata dall’uragano Katrina, che però in qualche modo dà vita a un altro mondo, nuovo.
A differenza di tanti romanzi americani degli ultimi anni, o riscoperti negli ultimi anni, diversamente da Stoner e da Lo Schiavista, per fare un paio di esempi, focalizzati su gente comune e situazioni normali, Salvare le ossa di Ward è straordinario in ogni sua forma, personaggio e situazione, racconta eccezioni ed eccessi, dalla povertà alla natura è tutto estremo. Nonostante l’indigenza assoluta, le vicissitudini incredibili e poco ordinaria, sebbene Ward ambienti la sua storia in una zona particolarmente religiosa e “spirituale” degli Stati Uniti, non c’è traccia di Dio in questa storia, forse salta fuori un paio di volte, ma solo all’interno di qualche imprecazione, oppure si legge delle divinità greche, quando ci sono riferimenti agli Argonauti. Nessuno si appella, pur nella tragedia e nella distruzione, a un’entità superiore.
Recensione di Giovanni Di Marco
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