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Anno edizione: 2020
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La voce fresca e divertente di una generazione in bilico tra la nostalgia di un passato che non esiste più e le audaci sfide di un futuro incerto. La storia vera di un italiano all'estero, moderno e multiculturale ma con l'ansia da prestazione.
Cosa può fare un giovane disoccupato e ipocondriaco con la passione per la letteratura francese, se non emigrare a Parigi? Federico ha trent'anni, viene da un paesello dell'Abruzzo e dopo la laurea alla Cattolica di Milano si barcamena tra uno stage non retribuito e l'altro. Così, un po' per fuggire alla precarietà, un po' per realizzare il suo sogno di studente Erasmus, decide di fare il salto e, come nelle più belle favole, trova subito un vero posto di lavoro e persino l'amore. Lei si chiama Julia: ha gli occhi di ghiaccio e i capelli lunghi biondissimi. È praticamente perfetta, se non fosse che è tedesca e soprattutto... il suo capo! Allo scoccare del primo bacio, arriva anche la lettera di licenziamento – oltralpe il conflitto di interessi è preso più sul serio che da noi. Ma si tratta pur sempre di una storia d'amore e Julia invita Federico a vivere a casa sua. I mesi passano e, mentre sul fronte lavorativo tutto tace, l'orologio biologico della compagna in carriera comincia a farsi sentire. Da mantenuto a mammo il passo è breve e con la nascita di un bimbo italo-franco-tedesco, figlio dell'Europa unita, Federico dovrà fare i conti con le sue nuove responsabilità di padre e la sua innata attitudine alla fuga. Liberarsi dagli stereotipi basterà per non capitolare?
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Scritto bene, si legge facilmente. Ritengo che lo scrittore sia stato capace di prendermi per mano ed accompagnarmi nel suo percorso di crescita "emotiva" in quanto essere umano e in quanto cittadino, smontando nel corso della narrazione moltissimi stereotipi e luoghi comuni. Lo consiglio a chi cerca un romanzo leggero ma che allo stesso tempo fornisca degli spunti di riflessione.
“Se una notte a Parigi, una tedesca e un italiano” è un libro sorprendente, nel senso letterale della parola. Con la sua ironia riflessiva, sottilissima, Federico racconta le vicende di un ragazzo “fuggito” dall’Italia che approda a Parigi, la città dei suoi sogni, quella in cui il caffè non merita di essere chiamato con questo nome (e non solo). La mano della penna è quella di chi, con una spiccata originalità, è riuscito a raccontare in chiave ironica i temi più profondi che interessano ognuno di noi. Ho riso come mai con un libro e, è da dire, il finale è la ciliegina che rende questo romanzo degno di nota. Lo consiglio fortemente!
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