Mi permetto di sottolineare le ultime due parole della sinossi “magistralmente orchestrato” poichè è assolutamente la verità. Leggendolo mi è sembrato di avere nella testa una matassa di fili di lana che mentre andavo avanti con le pagine si scioglieva, fino ad arrivare alla conclusione e quindi alla verità sulla vita del protagonista. La storia di Edvard e Gwen (personaggio secondario ma molto presente), corre su due binari paralleli. Entrambi cercano una verità e nel frattempo trovano conforto e amore l’uno nell’altra. Un sentimento che però si fa strada con difficoltà tra la diffidenza di lui e l’apparente forte personalità di lei. Il viaggio intrapreso dal protagonista non è semplice. Edvard non ha mai lasciato la fattoria norvegese dove ha vissuto fin da piccolo con il nonno, in una sorta di solitudine che lo ha reso schivo e poco incline ai rapporti umani. Si ritroverà dunque a scavare nel passato della sua famiglia, a rivivere la sofferenza della guerra e l’incidente che è costato la vita ai suoi genitori quando lui era ancora un bambino. La verità non è mai facile ma nonostante questo lui è deciso a scoprirla per mettere finalmente un punto e ricominciare, ma soprattutto per avere le risposte alle domande che dopo la morte del nonno hanno cominciato a bussare alla sua porta. Nonostante l’intensità dei temi trattati, non è un libro pensante, anzi l’ho trovato scorrevole. Ho amato questa capacità conclusiva di paragrafi e capitoli. Una solennità che ti inchioda, spesso con metafore che rileggi subito per assimilarne la verità. Si, solenne, questo è l’aggettivo che penso descriva, insieme ad affascinante, la prosa di Mytting.
