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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2012
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Un libro di 700 pagine. Non sono poche. E'scivolato davanti ai miei occhi con la leggerezza di una piuma. Ho letto in metro.In tram. Durante la pausa pranzo. La sera. Ogni minuto possibile. Ogni qualvolta ho potuto trovare un angolo, anche in piedi nella folla dei mezzi pubblici, ho aperto il volume di 700 pagine e ho letto. SETTANTA è un vortice. Dalla prima pagina all'ultima. Una racconto che ha echi nella realtà storica. Ne è il riflesso come in uno specchio deformante, in cui avvenimenti e personaggi non hanno aderenza con la realtà ma la ricordano oniricamente. Io sono nato nel 1970, non ricordo tutto di quegli anni, perchè troppo piccolo. Ma alcuni fatti rimangono impressi nella memoria: il rapimento Moro. Elicotteri che ronzano bassi sulla città. Aria pesante. Polizia ovunque. Noi bambini di terza elementare che usciamo prima da scuola, mio padre che viene a prendermi ai cancelli in tutta fretta. La strage di Bologna. Caldo torrido. Telegiornali a raffica. Polvere ovunque. Un numero di morti impressionante. L'estate di un ragazzino di 10 anni che ha appena terminato le elementari. SETTANTA risveglia i ricordi. La scrittura di Sarasso fa sentire in bocca il sapore delle Marlboro, nelle narici l'odore degli anni di piombo. Un lavoro perfettamente riuscito; una fiction potente che si muove nella realtà parallela forse più buia e pesante di quella effettiva. Sarasso, come il demone di Laplace, ripercorre la storia d'Italia, ma davanti alle biforcazioni prende la via che la storia non ha preso e un'immaginazione potente costruisce un Paese sinistramente somigliante a quello in cui abbiamo vissuto e viviamo. Ho vissuto per una settimana con i suoi personaggi, continuamente da un lato all'altro della barricata. Ho cambiato dialetto di capitolo in capitolo. Poi il cielo plumbeo di Milano, l'aria mefitica dei Palazzi di Roma. Il fervore dell'ideologia rossa e nera. In sostanza SETTANTA mi ha profondamente emozionato.
La seconda parte della trilogia “sporca” sulla storia d’Italia copre tutti gli anni settanta: dai postumi della strage di Piazza Fontana, e dal golpe della notte dell’Immacolata dell’8 dicembre 1970 (definito da qualcuno operetta) , fino alla bomba alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Dal sangue al sangue, dai morti innocenti (non si è detto che con Pizza Fontana l’Italia perse la sua innocenza, se mai lo sia stata .. ) ad altri morti innocenti. In mezzo ritroviamo tanti di quei personaggi già all’opera in “Confine di Stato”: politici come l’Omino e Argento, più preoccupati della conservazione del potere che non del affrontare i cambiamenti del paese che l’Italia avrebbe avuto bisogno. Esponenti dei servizi, più o meno deviati: il colonnello Kurtz, Andrea Sterling e il suo vice Franco Gelo. Ex soldati, reduci della seconda guerra mondiale, dell’esercito fascista. Tutti riciclati nella nuova guerra “fredda” , in funzione anticomunista, per arginare l’invasione dei rossi dal confine ad est o per bloccare la rivoluzione dei rossi del PCI dentro il paese; in realtà strumento in mano del potere politico in quella guerra sporca (legetevi le pagine "Il palazzo rimarrà intoccabile"), già vista nella prima parte della trilogia. Scandali, attentati, assassini. In questo libro la storia ruota attorno a tre personaggi principali: Nando Gatti, la nuova stella del cinema poliziottesco del cinema, la cui fama lo fanno immedesimare sempre più nel suo personaggio, il commissario Girone. Fino ad arrivare a prendere troppo sul serio il suo lavoro di lota contro il crimine.Il giudice Domenico Incatenato, che scappa dalla miseria del sud, dalla fatica della vita di fabbrica studiando per entrare in magistratura. E che si ritrova a sbattere, quasi per caso, contro il muro di gomma alzato dallo Stato. Parliamo delle indagini per le bombe a Catanzaro (quando si doveva decidere sul capoluogo regionale); delle prime indagini in cui veniva fuori il terrorismo nero e i suoi legami con la criminalità organizzata, con la politica… Infine l’astro nascente della mala milanese, Ettore Brivido, che dalle rapine ai portavalori, diventa il ricercato più famoso d’Italia, esperto nel ramo rapimenti, nel traffico di droga. In mezzo la nostra storia: mentre nei palazzi del potere si decidono alleanze politiche e in altri palazzi più occulti, si decidono colpi di stato; nelle piazze del paese scoppia la violenza. Scontri tra operai, studenti e poliziotti della celere. Dove si passa dalle spranghe alle molotov, ai fumogeni alle bombe.Le bombe fatte scoppiare per seminare terrore, caos: destabilizzare per stabilizzare il paese. Stabilizzare in senso autoritario, come in Cile, come in Grecia, come in Argentina. In realtà per stabilizzare, o meglio per perpetuare il potere “criminale” dei vari Omino, Argento, grande Maestro (Licio Gelli?). E non importa se, alla bisogna, si debba ricorrere ai terroristi neri o rossi. Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Bomba sul treno Italicus e infine la bomba alla stazione di Bologna. Gli anni di piombo e la strategia delle tensione. Nel mezzo la crescita delle Brigate Rosse, dagli attentati dimostrativi nelle fabbriche, ai rapimenti, all’assalto al cuore dello stato. Fino al rapimento del segretario della DC, Argento (che ricorda molto da vicino il rapimento del presidente Aldo Moro), che segna la fine di un ‘epoca, la cui fine viene sancita definitivamente dallo scoppio della bomba alla stazione di Bologna. Se ha un limite questo libro, è la sua ambizione a voler racchiudere un periodo così ampio e così ricco di avvenimento oscuri come sono stati gli anni settanta. Se in “Confine di Stato” Sarasso si era concentrato in pochi eventi significativi degli anni tra il 53 e il 72 (lo scandalo Montesi, la morte di Enrico Mattei, la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura e la caccia all’editore Giangiacomo Feltrinelli), in questo capitolo l’autore mette assieme un affresco corale con tanti personaggi , tanti episodi piccoli e grandi. Il gran maestro, il generale dei carabinieri Brasco (che potrebbe somigliare al generale Dalla Chiesa), il segretario di stato USA (“lo svedese”), la brigatista Livia , “il dottore” il dirigente delle BR (dietro cui si può vedere Moretti?). Laddove la storiografia ufficiale è lacunosa, manchevole, assente, Sarasso ha fatto ricorso alla fantasia, inventando (ne ho parlato qui, della storia non-storia). Così come nel disegno dei protagonisti, nella collocazione storica di taluni episodi, si è preso diverse licenze: “Settanta” è a metà strada tra un noir stile Ellroy e docufiction storica. Raccontati con la viva voce dei protagonisti, senza nessuna immedesimazione con nessuno di loro. Va riconosciuto almeno il merito di averci provato: a voler ricostruire il clima, il dietro le quinte. Il sapore di “quel tempo la”. Cordite e sangue
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