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La definizione di una vita “larger than life” non ha mai trovato declinazione più accurata che in Shantaram, il romanzo autobiografico dell’australiano Gregory David Roberts dato alle stampe nel 2003 e pubblicato in Italia da Neri Pozza. Un bestseller che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, di cui tutti parlano e la cui prosa non può lasciare indifferenti. Roberts (l’autore/protagonista) era un giovane studente di filosofia e scrittore anarchico quando in Nuova Zelanda compì la sua prima rapina armato solo di una pistola giocattolo ispirandosi al mito di Ned Kelly. Nel 1978 Roberts evade diventando il ricercato australiano numero uno dell’Interpol, nel 1982 è a Bombay, poi tra i combattenti mujaheddin in Afghanistan dove viene ferito in azione e trasportato in Pakistan. Appena giunto in India (con falsa identità) viene ribattezzato Linbaba da Prabu, la guida di Bombay dal sorriso contagioso che gli fa scoprire i primi altarini di un sistema che ha eletto la corruzione a proprio sistema di governo. Ma questo è solo l’inizio di un viaggio verso un mondo a se stante, l’universo degli ultimi della terra. Il cuore profondo dell’India non si trova però nelle metropoli per turisti come Bombay, bensì nei villaggi lontani. Ed è un onore quello che fa Prabaker a Lin invitandolo a visitare la sua famiglia, una proposta che il protagonista è così folle da accettare. Andato a vivere per sei mesi al villaggio, Lin assiste a un evento che gli cambia la vita per sempre: il monsone lungo una settimana che causa la piena del fiume facendo temere (solo a lui, non alla popolazione) che possa spazzare via le case. Ogni preoccupazione svanisce quando Lin scopre in quel portento la manifestazione della verità dell’esistenza. É per lui un lavacro battesimale introspettivo, consacrato dal nuovo nome datogli dagli indiani del villaggio: Shantaram (“uomo di pace” o “uomo della pace di Dio” in lingua marathi). A partire da questo istante il protagonista riconosce nell’India e non nella Nuova Zelanda il suo paese d’appartenenza, esattamente come succede a molti profughi afghani e iraniani che lì hanno trovato rifugio...
Il livello di questo libro e' molto alto tra contenuti, scrittura e cultura dello scrittore. Una profonda crescita morale, che nonostante le avverse circostanze della vita, niente riuscira' ad ostacolare nell'autore di questo romanzo autobiografico di una straordinaria e delicata bellezza. Grandi insegnamenti per chi vorra' coglierli.
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