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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2019
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Un romanzo potente, forte, che ci fa riflettere, che parla di ingiustizie e soprusi, del rapporto tra noi e l’altro, del centro contro la periferia del mondo, ovvero un romanzo quanto mai attuale. Eppure difficile da leggere, che porta via tempo ed energie. Uno stile arduo con passaggi spesso bruschi e la narrazione non può certo dirsi fluida, complice inoltre la mancanza di discorsi diretti; e anche la mancanza di descrizioni per così dire scenografiche rende spesso difficile, unitamente ai passaggi spesso bruschi, cogliere il cambio di scena e di interlocutori e comprendere con esattezza ciò che sta avvenendo. Nel complesso un libro importante, ma non ho affatto apprezzato com'è stato scritto.
Il simpatizzante è la confessione di un soldato vietnamita, cresciuto in America (come l’autore), e combattente nel Vietnam. In realtà una spia vietnamita (da qui il termine “simpatizzante”) contro gli americani. Questo racconto di Nguyen ci trasporta per intero nelle pieghe profonde della storia. All’interno di fatti vissuti, fatti taciuti dall’opinione pubblica. È un romanzo americano sulla guerra del Vietnam. Un romanzo americano antiamericano. Un lacerante racconto delle atrocità commesse dai soldati statunitensi in quella terribile guerra. Leggendolo, sfogliando, pagina dopo pagina, mentre un velo d’umido mi deformava la vista, è maturato in me un pensiero. Un atroce e terribile nome. Adolf Hitler. Napalm Un tremendo confronto. Sei milioni di ebrei, tre milioni di prigionieri di guerra sovietici, due milioni di polacchi, cinquecentomila Rom, duecentomila massoni, quindicimila omosessuali, cinquemila testimoni di Geova, un milione e mezzo di dissidenti politici, due milioni e mezzo di Slavi. Internati, torturati, svuotati di ogni dignità umana e uccisi. Forse ciò non potrà mai reggere alcun confronto. Eppure. Vedo una strana figura, in piedi, un po’ china in avanti, con le gambe larghe e le braccia aperte per non toccarsi i fianchi. Senza occhi. Sul corpo una spessa crosta nera spruzzata di chiazze gialle. Pus. Poi due lucertole, nell’oscurità, si avvicinano. Enormi, orribili, si trascinano lentamente lanciando grugniti e gemiti. Seguite da altre. L’oscurità si dirada. No, non sono lucertole, sono esseri umani scorticati dal fuoco e dal calore, pieni di contusioni nelle zone in cui hanno sbattuto contro qualcosa di duro. Sul sentiero, lungo il fiume, uomini: un corteo di tacchini arrosto. Alcuni chiedono acqua, con voci appena udibili e rauche. Nudi, senza pelle: quella delle mani, strappata ai polsi, gli penzola dalla punta delle dita, sotto le unghie, rivoltata come un guanto. Nella penombra, bambini, nelle stesse condizioni. Napalm! Esempio luminoso della civiltà occidentale, forgiato dai più grandi luminari di Harvard. Il simpatizzante ci aprirà gli occhi, ci racconterà la storia di un popolo lontano, ci racconterà di una guerra, di una storia, caso unico, scritta dagli sconfitti. La civiltà dell’occidente Ci ritroveremo in America, l’America degli anni ’70. Una nazione così lontana da quella attuale, così lontana dalla nostra. Una nazione in cui tutto era super: “supermarket”, “superbowl”, “superstrade” . Una nazione non soddisfatta fino a quando non avesse bloccato ogni azione del mondo in una presa di lotta libera, costringendola a gridare U.S.A. Una nazione in cui la parola “masturbazione” destava più scandalo della parola “omicidio”. Una nazione in cui si era incapaci di vedere qualsiasi colore che non fosse il bianco. Per fortuna il simpatizzante ci racconta di una storia passata, lontana.
Questo romanzo bellissimo è' contemporaneamente una avvincente storia di spionaggio, una riflessione amara ma non distruttiva sulla parabola delle rivoluzioni, una profonda rappresentazione del meticciato-culturale prima che etnico- come condizione della contemporaneità. Il protagonista, che scrive gran parte del romanzo in forma di "confessione" indirizzata a un "Comandante" nordvietnamita che deve certificare la sua rieducazione, è un personaggio doppio fin dall'origine: è figlio di un prete francese e di una cameriera vietnamita, e al "Comandante" che gli rimprovera un eccesso di comprensione verso i " nemici" replica: " se col tempo ho imparato che passare sopra le differenze tra noi e gli altri può essere altamente meritevole, lo devo a mia madre. Dopo tutto, se non avesse trascurato le differenze tra una cameriera e un sacerdote, o se non avesse lasciato che queste differenze venissero meno, io non sarei mai venuto al mondo". Divenuto un convinto comunista, a partire da istanze di indipendenza e di liberazione nazionale, il protagonista ( che è sempre designato come "il Capitano", senza che ne venga mai detto il nome proprio) viene mandato a studiare in California per apprendere dall'interno la mentalità del nemico, e poi, grazie all'acribia antropologica con cui conosce sia gli Americani che i Vietnamiti, diventa un abilissimo informatore dei Vietcong, infiltrato nello staff di un "Generale", capo della polizia sudvietnamita, che segue anche nell'esilio americano dopo la caduta di Saigon per continuare a informare i servizi vietnamiti delle iniziative di revanche degli esuli. Ma la situazione si complica, per quattro motivi: 1)-oltre che dalla fedeltà alla causa, il "Capitano" si sente vincolato dalla fedeltà a un patto di amicizia che ha stipulato col sangue, all'età di 14 anni, con due suoi coetanei, di cui uno è diventato il "capo" a cui lui passa le informazioni, ma l'altro è un convintissimo anticomunista, che ha prestato servizio negli squadroni della morte sudvietnamiti; 2)-la "duplicità" della sua mente fa avvertire al "Capitano" il fascino della cultura americana almeno quanto quello della cultura vietnamita ( essa stessa frutto di molteplici ibridazioni) in cui si è formato: i suoi gusti culturali e musicali, le sue posizioni sulla vita, il suo modo di vivere l'amore e il sesso, sono quelli di un "radical" formatosi nei college americani degli anni '60-'70, e sono ovviamente considerati il colmo della "degenerazione borghese" dal Comandante; 3)-nel corso della vicenda del romanzo il protagonista viene a contatto con gli eventi ( dalla fuga dei boat people, alla situazione della Cambogia, all'invasione vietnamita di quel paese e alla guerra tra Cina e Vietnam) che, in Occidente, nella seconda metà degli anni '70, fecero rapidamente eclissare il mito del Vietnam; 4)-per svolgere al meglio il suo ruolo di spia a favore dei servizi vietnamiti, il protagonista deve anche continuamente confermarsi come il più fidato dei collaboratori del Generale nel cui staff è infiltrato, e ciò lo porta, per ben due volte, a determinare la morte di persone innocenti. Tutto questo provoca, nel finale del romanzo, che non rivelo, ma che ricongiunge i tre personaggi che, a quattordici anni, avevano stipulato tra loro la fratellanza di sangue, una conclusione amara e relativistica, che culmina nel rovesciamento di una famosissima frase di Ho Chi Minh: da "niente è più prezioso dell'indipendenza e della libertà" a "il niente è più prezioso dell'indipendenza e della libertà".
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