Teste mozze. Storie di decapitazioni, reliquie, trofei, souvenir e crani illustri. Con e-book - Frances Larson - copertina
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Teste mozze. Storie di decapitazioni, reliquie, trofei, souvenir e crani illustri. Con e-book
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Descrizione


Nel 1488 Claus Flügge, boia di Amburgo, compì una notevole impresa decapitando 79 pirati uno dopo l'altro. Quando a opera terminata il senato gli chiese come si sentisse, rispose: "Così bene che potrei andare avanti e sbarazzarmi dell'intero saggio e onorevole Senato". I senatori non apprezzarono la battuta e l'insolenza costò al boia, ovviamente, la testa. È soltanto una delle tante storie che "Teste mozze" contiene, ma già in questo aneddoto è possibile scorgere il potere insito nell'atto di tagliare teste, inebriante e spaventoso al tempo stesso, ma anche il soffio inatteso di ironia che ci accompagnerà in questo singolare viaggio. Che siano le teste rimpicciolite dei cacciatori tribali, le reliquie miracolose dei santi o le testetrofeo dei soldati in guerra, che siano le infinite variazioni pittoriche di Salomé e Giuditta o i preparati anatomici delle facoltà di medicina, che si tratti dei teschi catalogati dagli scienziati vittoriani o delle teste spiccate in mondovisione web dai terroristi, l'antropologa Frances Larson ricostruisce i mille modi in cui la decapitazione e i suoi "prodotti" continuano ad attrarci irresistibilmente, tra orrore e fascinazione. È come se contenessero, imprigionata, molta dell'essenza umana, al confine labilissimo tra vita e morte. La testa racchiude almeno quattro dei cinque sensi, oltre a ospitare la sede principe della coscienza, il nostro centro nevralgico: il cervello. Con e-book scaricabile fino al 30-06-2016.

Dettagli

8 marzo 2016
1 voll., 306 p., ill.
9788851136420

Valutazioni e recensioni

  • LAURA CASALE

    Potrebbe venire il dubbio "Ma perché scegliere un libro del genere?!" poi in questo periodo storico, in cui le decapitazioni sono tornate alla ribalta a causa dello Stato Islamico. Non nascondo che forse potrebbe non essere il libro più adatto da portare con voi in metropolitana. Perché, in ogni caso. A parte la veste grafica e il titolo inquietantemente accattivanti, devo ammettere che io sono un'appassionata di storia, e non mi tiro indietro davanti ai suoi aspetti più macabri. Questo libro potrebbe essere morboso, o grottesco, gli spunti ci sono tutti, eppure non lo è affatto. Racconta di quanto morbosa e grottesca sia stata (e per certi versi lo è tuttora) la società occidentale nei confronti delle teste mozzate, decapitate come condanna o meno, ma lo stile è quanto di più rispettoso, serio ed elegante sia possibile concepire su un argomento così macabro. L'autrice ricostruisce storie molto complesse, lasciandosi andare solo raramente all'aneddoto (black humor - quello vero - quasi del tutto assente), e tirando fuori aspetti del tutto inaspettati. Come i "cacciatori di teste" più esotici, in Sud America o nel Sud Est asiatico, abbiano cominciato la loro attività, trasformando una pratica rituale e spirituale in mero commercio con l'entrata in scena degli occidentali, ad esempio. O come la moda della frenologia abbia reso quasi banale la profanazione di tombe e cadaveri per preservare crani da studiare ed esibire per fare scena. Come la ghigliottina non sia piaciuta in prima battuta alle folle spettatrici delle esecuzioni capitali, perché troppo istantanea e fulminea, incapace di dare quella gratificazione che il popolino cercava... ma anche di dare la certezza della morte, paradossalmente, poiché nessuno "vedeva" il passaggio da vita a morte del condannato. O come fosse del tutto tollerato che i soldati americani spedissero crani di giapponesi alle famiglie a casa durante la WW2 come trofei, finché la pubblicazione di una foto compromettente su una popolare rivista fece temere gravi rappresaglie sui prigionieri di guerra... Ammetto che mi aspettavo più aneddoti e storie macabre - anche se l'amico di Haydin che fa profanare la sua tomba per asportargli la testa e quindi pulire il cranio per poterlo esporlo come parte della mobilia... - e forse ciò dimostra che tant'è il fascino nero delle morti violente colpisce in maniera più labile e subdola di quanto non si direbbe. Anna Bolena e Maria Antonietta entrano in scena in maniera discreta e rapidamente e in sordina allo stesso modo se ne vanno, ricordandoci che per due nomi illustri ci sono stati chissà quanti ignoti condannati alla stessa pena. Un saggio sociale e storico davvero di pregio.

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