Non avrei mai pensato di appassionarmi a un libro sul basket: invece questo romanzo dell’esordiente Emiliano Poddi (candidato anche allo Strega) mi ha conquistata soprattutto grazie a uno stile di scrittura ipnotico e coinvolgente. Sembra di stare guardando e non leggendo una partita di basket! Non è solo una storia sportiva, ma anche il racconto autobiografico di una promessa del basket la cui carriera viene stroncata da un grave infortunio e per il quale il basket è tutto, al punto da inquietare la madre con il suo “dover” fare almeno un canestro al giorno (ed è molto tenera la madre quando vuole fargli capire che nella vita esistono altre cose importanti oltre il pallone da basket). Sembrava che tutto fosse possibile: finalmente il salto dall’interzona alle finali e poi addirittura il passaggio a una squadra importante, ma l’infortunio interrompe tutto quanto aveva sognato. L’io narrante descrive le partite, le sue emozioni, le sue ansie, il suo modo di entrare in partita (quel “diventare” è un verbo veramente molto efficace per farci capire che cosa scocca improvvisamente durante una partita e lo trasforma in un vero campione), il rapporto con i suoi genitori separati (la madre da un lato timorosa di veder andare via il figlio per una carriera a Roma e dall’altra l’orgoglio per il suo successo, un padre superato in bravura come giocatore), i tanti allenatori tutti confusi in un’unica immagine con il nome di Rino, l’autista del pulman etc. L’unica parte che non mi ha convinto è il penultimo capitolo: quel lungo monologo dedicato alla madre mi è sembrato come quando nel titoli di coda scrivono che cosa è successo ai protagonisti del film dopo i fatti raccontati. Secondo me, si poteva evitare o al meno ridurre il tutto alle poche righe di riflessione senza gli accenni biografici. Poddi poi è molto bravo a mescolare più cose durante il racconto, come la descrizione di una partita sulla spiaggia con le canzoni del juke-box o il bellissimo pezzo in cui mescola la terribile diagnosi dell’ortopedico con il ricordo della mandorla schiacciata da bambino. Un gran bel esordio!
Tre volte invano
La storia di un ragazzo che gioca a pallacanestro praticamente da quando è nato. Nonostante questo non è un fenomeno, anzi, il più delle volte le partite finiscono senza che lui abbia segnato un solo punto. Finché un giorno con una finta sola fa fuori mezza difesa avversaria e la butta dentro. E così l'azione dopo, e quella dopo ancora e probabilmente avrebbe continuato così per tutta la vita, se a due minuti e diciassette secondi dalla sirena di un'altra partita non fosse franato per terra rompendosi un ginocchio. Da lì in avanti, per lui, tutto cambierà e tutto dovrà essere inventato di nuovo. Che sia possibile o no perché il basket, come dice Philip Roth, "Il basket è un'altra cosa...".
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